Ottantaquattro
Stanotte ho sognato che eruttava il Vesuvio. Una bella eruzione, grande, che devastava le pendici del vulcano e ne trasformava la topologia. Un Vesuvio con la caldera più vasta, che si finiva di mangiare il monte Somma.
L'eruzione del Vesuvio fa 84.
Ma più che stare a guardare alla smorfia napoletana, pensavo al significato che ciò potesse avere. Sicuramente un significato di distruzione, come questa città che si sta consumando da decenni.
Qualche settimana fa, su Repubblica, leggevo un articolo di Ghezzi in cui parlava di Napoli come di una delle città invisibili, poco a poco seppellita dai propri rifiuti, fagocitata dai suoi escrementi. Una metafora -neanche troppo sottile- del consumismo e del mondo che abbiamo costruito.
E il responsabile di tutto questo non è la camorra, non è Bassolino e ancor di meno quella povera donna della Iervolino ("Una donna mite", diceva di lei Napolitano in un comizio a Fuorigrotta nei primi anni '90). Il responsabile è, nel complesso, l'intera città e la società che l'ha generata così com'è ora. Napoli È la camorra, Napoli È il menefreghismo, Napoli È un consumismo sfrenato che genera immondizia. Parlo anche di immondizia intellettuale, di tutta quella merda che sommerge la testa della gente.
Napoli -e credo sia peggio ancora nel resto della Campania, dove quel fioco barlume del '99 ancora presente riluce più tenuemente- è alla fine come il conte Ugolino che divora i propri figli. La morte arriva per cancro, leucemia, pallottola. Tutti frutti della mafia, della camorra, o generati da essa.
Però la camorra ha potuto ciò perché certe istituzioni lo hanno permesso e perché conveniva a tanta gente onesta. La camorra, non dimentichiamolo, produce lavoro e ricchezza. Una ricchezza che tocca tutte le classi sociali, dall'alta borghesia dell'industria tessile (per esempio), agli strati più svantaggiati che racimolano qualche spicciolo lavorando per il clan. Forse è la piccola borghesia che rimane tagliata fuori da tutto il processo, ma permettetemi di nutrire dei dubbi su questa mia affermazione.
Il fatto è che la camorra è una forza reazionaria; per definizione. Va combattuta per il danno che produce e per la sua camaleontica abilità di sposare le pieghe del sistema. Va distrutta perché è una enorme e malsana nutrice che uccide i propri bambini.
Forse parlo di tutto questo perché sono uno di quelli che è riuscito a partire e per cui sognare una eruzione non causa traumi più forti che scrivere un post in un blog. Vivendo fuori, all'estero, ci sembra di capire meglio i problemi che affliggono il Mezzogiorno, ma non facciamoci illusioni: nessuno ha in mano una soluzione che non sia a sua volta reazionaria e che causi più danni del male attuale. La risposta è, come sempre, 42... che poi è la metà di 84.
Rimane solo la speranza sul fondo del vaso di Pandora. La speranza che l'eruzione del Vesuvio sognata abbia un valore simile all'Arcano senza nome dei tarocchi: una fine non può far altro che regalare un nuovo inizio. Un inizio su basi migliori.
L'eruzione del Vesuvio fa 84.
Ma più che stare a guardare alla smorfia napoletana, pensavo al significato che ciò potesse avere. Sicuramente un significato di distruzione, come questa città che si sta consumando da decenni.

Qualche settimana fa, su Repubblica, leggevo un articolo di Ghezzi in cui parlava di Napoli come di una delle città invisibili, poco a poco seppellita dai propri rifiuti, fagocitata dai suoi escrementi. Una metafora -neanche troppo sottile- del consumismo e del mondo che abbiamo costruito.
E il responsabile di tutto questo non è la camorra, non è Bassolino e ancor di meno quella povera donna della Iervolino ("Una donna mite", diceva di lei Napolitano in un comizio a Fuorigrotta nei primi anni '90). Il responsabile è, nel complesso, l'intera città e la società che l'ha generata così com'è ora. Napoli È la camorra, Napoli È il menefreghismo, Napoli È un consumismo sfrenato che genera immondizia. Parlo anche di immondizia intellettuale, di tutta quella merda che sommerge la testa della gente.
Napoli -e credo sia peggio ancora nel resto della Campania, dove quel fioco barlume del '99 ancora presente riluce più tenuemente- è alla fine come il conte Ugolino che divora i propri figli. La morte arriva per cancro, leucemia, pallottola. Tutti frutti della mafia, della camorra, o generati da essa.
Però la camorra ha potuto ciò perché certe istituzioni lo hanno permesso e perché conveniva a tanta gente onesta. La camorra, non dimentichiamolo, produce lavoro e ricchezza. Una ricchezza che tocca tutte le classi sociali, dall'alta borghesia dell'industria tessile (per esempio), agli strati più svantaggiati che racimolano qualche spicciolo lavorando per il clan. Forse è la piccola borghesia che rimane tagliata fuori da tutto il processo, ma permettetemi di nutrire dei dubbi su questa mia affermazione.
Il fatto è che la camorra è una forza reazionaria; per definizione. Va combattuta per il danno che produce e per la sua camaleontica abilità di sposare le pieghe del sistema. Va distrutta perché è una enorme e malsana nutrice che uccide i propri bambini.

Rimane solo la speranza sul fondo del vaso di Pandora. La speranza che l'eruzione del Vesuvio sognata abbia un valore simile all'Arcano senza nome dei tarocchi: una fine non può far altro che regalare un nuovo inizio. Un inizio su basi migliori.