lunedì, ottobre 01, 2007

Diario americano (4ª parte)

New York

Gente, un delirio di gente. Luci, suoni, colori... ma questa è l'ottava avenue, incrocio con la 43a strada, dove tutto è luccicante e caramellato. Manhattan.
Il mio primo approccio a NY è stato però attraverso un paesaggio fantascientifico: distese immense di casette di legno, al massimo di un piano, si estendevano nella pianura mentre dominavano, qua e là falansteri rosso scuro di 20 e più piani dalla forma a croce. Un paesaggio alla matrix, ma di giorno e con una foschia che rendeva irreali le sagome che si perdevano in lontananza.
Il Bronx è l'allegoria del delabramento delle cose. Quartieri interi come abbandonati a se stessi, ma con bambini che corrono negli spiazzi, ragazzi che parlano sulle scalette, vecchi che camminano... Impossibile non essere un buon fotografo a NY. I contrasti sono stridenti, i colori persino sono forti e i cliché si sommano ai déjà vu. Déjà vu per quel film continuo che è l'America.
Ad Harlem una coppia bianca spiccava tra i passanti come chicchi di caffé su un abito da sposa (NdA: avrei potuto dire "bagarozzi", ma mi sono trattenuto :). Molti bambini giocano per strada, esattamente come al cinema, con gli stessi movimenti, i medesimi High Five.
Alla fine la sagoma di Manhattan si perde nel traffico delle autostrade, bruma e smog, torri alte, ancora una volta, da città proibita di un film di fantascienza.Il Westin Hotel, nel cuore di Broadway

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