La Via del Go
Mi era stato suggerito di scrivere il seguito del post precedente, ossia "Perché si rimane amici"; però nuovi avvenimenti mi spingono a parlare di altro. Inoltre ho anche il forte dubbio che se continuo su questo tema rischio di alienarmi parecchie "amicizie".
Il Go, dicevamo, è tornato a irrompere nella mia vita sotto forma del XXIV torneo di Barcellona.
Mi sono ritrovato di nuovo tra forti giocatori, a giocare partite su partite, concentrato, allegro, curioso di tutto. Per descrivere un grande torneo, oltre che a parlare dei giocatori, si dovrebbe parlare di sensazioni, del proprio modo di essere se stesso.
Infatti, la via del go, il kido, riguarda la profonda conoscenza delle persone, inclusi se stessi.
Giocare a go vuol dire superarsi, analizzare e correggere poco a poco i propri difetti, guardare in profondità nell'avversario. Giocare a go vuol dire imparare, sopratutto, imparare da tutti (e quindi anche con una buona dose di umiltà).
Tutto questo, ahimé, non l'ho ritrovato ieri sera al club. E' stato come un brusco risveglio, ritrovarmi in mezzo a quei guitti, giocatori permalosi e pieni di sé.
Sentivo un secondo dan -tra i più simpatici per altro- spiegarmi che "al suo livello non conta in un torneo quanto si vince ma contro chi si vince", dirmi che ai tornei piccoli, di quelli organizzati in un sottoscala, serve a poco andarci perché si rischia di perdere punti in classifica oppure si gioca contro avversari deboli, vincendo senza sforzo.
Dove sono finite le partite con Antonino, sempre in lotta per superarci, ma sfottendoci ad ogni mossa??
Parlate con Franceschino che nei tornei nei sottoscala ci vive, pur essendo campione italiano! Franceschino è uno che si ricorda ancora una partita persa contro un 4k, quasi mossa per mossa, a un campionato italiano femminile di tanti anni fa. Un esempio tra i tanti che potrebbero venirmi in mente.
Che si impara da questa lezione? Che il Tao è grande, che l'alternanza è il motore dell'Universo... anche che a volte ci vuole una santissima pazienza!
Infatti, la via del go, il kido, riguarda la profonda conoscenza delle persone, inclusi se stessi.
Giocare a go vuol dire superarsi, analizzare e correggere poco a poco i propri difetti, guardare in profondità nell'avversario. Giocare a go vuol dire imparare, sopratutto, imparare da tutti (e quindi anche con una buona dose di umiltà).
Tutto questo, ahimé, non l'ho ritrovato ieri sera al club. E' stato come un brusco risveglio, ritrovarmi in mezzo a quei guitti, giocatori permalosi e pieni di sé.
Sentivo un secondo dan -tra i più simpatici per altro- spiegarmi che "al suo livello non conta in un torneo quanto si vince ma contro chi si vince", dirmi che ai tornei piccoli, di quelli organizzati in un sottoscala, serve a poco andarci perché si rischia di perdere punti in classifica oppure si gioca contro avversari deboli, vincendo senza sforzo.
Dove sono finite le partite con Antonino, sempre in lotta per superarci, ma sfottendoci ad ogni mossa??
Parlate con Franceschino che nei tornei nei sottoscala ci vive, pur essendo campione italiano! Franceschino è uno che si ricorda ancora una partita persa contro un 4k, quasi mossa per mossa, a un campionato italiano femminile di tanti anni fa. Un esempio tra i tanti che potrebbero venirmi in mente.
Che si impara da questa lezione? Che il Tao è grande, che l'alternanza è il motore dell'Universo... anche che a volte ci vuole una santissima pazienza!
Il Tao fa vivere,
la virtù alleva, fa crescere,
sviluppa, completa, matura,
nutre, ripara.
la virtù alleva, fa crescere,
sviluppa, completa, matura,
nutre, ripara.
Lao Tse, LI
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