domenica, settembre 23, 2007

Diario americano (1ª parte)

Providence

Sbarco in America. Lamerica degli emigranti, proprio quella.
Da subito, sembra di essere in un film: i grattacieli, le casette di legno del New England, tutto perfetto, tutto come da copione.
Scendiamo dal bus, giardinetti, taxi (anzi, "cab") e poi l'albergo in riva all'autostrada. Cena, ribs con salsa barbecue o bisteccone Angus.
La conferenza prende inizio all'università Brown: un campus vittoriano con tocchi neoclassici (troneggiava una statua di Marc'Antonio a cavallo tra gli edifici gotici). Tutto perfetto, persino l'associazione studentesca a tre lettere greche con balcone sullo spiazzo interno dell'università.
Un giorno mi ritrovo persino in un club dall'allure inglese, per fumatori di sigaro, dove gli ospiti venivano introdotti da soci anziani. Mi sentivo perso, tra l'altro senza cellulare per comunicare, in una galleria di quadri, che era anche ristorante (con buoni dolci e insalate curiose più per gli accostamenti che per gli ingredienti).
La sera ci ritroviamo in un bar con, alla tv, indovinate un po'... la partita di football americano, quello sport per barbari assetati di sangue.
Sorriso quasi forzato della cameriera amabilità fino all'estremo e quasi ironica. Poi i "graffi sullo specchio": un ragazzo viene arrestato dalla polizia per una strana storia di età e di coltello. Ovviamente il ragazzo è negro. Si parlava d'altro con lui fuori dal locale quando è arrivata la polizia (armata, divisa da film), chiamata -pare- dal gestore del locale. Un attimo di freddo e poi gli hanno infilato le manette e portato via. Tutto qui, facile come in un film.

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