domenica, marzo 26, 2006

Ghostbusters!

A Parigi ho incontrato i miei fantasmi. Perlomeno buona parte di essi.
Sono stato benissimo... va detto prima di ogni altra osservazione. Sono stato benissimo seppur incontrando buona parte dei fantasmi che infestano la mia vita da tre anni a questa parte.

Sembrava uno di quei sogni ricorrenti, dove ci si ritrova ad evolvere in ambientazioni note. Però non ero il protagonista del sogno, ero un altro personaggio che interagiva con gli stessi ambienti, ma vecchi di tre anni e forse più.
Non è la trama di un fumetto di Dylan Dog; ero solo io che sognavo me stesso e quando ho guardato nello specchio, ho visto... me stesso.

A Parigi ho incontrato l'Alex di qualche anno fa, mi sono ritrovato immerso nel suo mondo. Stupido a dirsi: arrivando credevo di poter ancora vivere in quel mondo.
Invece no. Troppa acqua è passata sotto al Pont Neuf e tutti gli attori di questo fumetto vivono altre vite. Era solo il riflesso di una scenografia usata quella che ho incontrato nella Parigi di oggi e scoprirmici a mio agio, malgrado gli spettri che la abitano, è stato forse il modo più piacevole di svegliarmi da questo sogno.


Manif contre le CPE
Manifestazione anti-CPE del 18 marzo, gare d'Austerlitz

mercoledì, marzo 08, 2006

Bloggando dall'Esilio

Questo post è originalmente apparso in spagnolo, scritto da Sebastian Delmont, un venezuelano che vive e blogga a New York City. È stato pubblicato nel primo (e unico) numero di Weblog Magazine, però si può ancora leggere sul secondo blog di Sebastian, Zona Geek. Si tratta di un delirio da blogger, che però rende ben chiara cosa è l'empatia da emigranza.

Per un qualche motivo, che io non pretendo conoscere, vi è un numero disproporzionato di blogger famosi che sono persone che abbandonarono i propri paesi di origine alla ricerca di orizzonti nuovi.
Venezuelani a New York, Americani a Madrid, Ecuadoriani in Messico, Argentini (NdT: e franco-napoletani) a Barcellona, Spagnoli a Montevideo, solo per menzionarne alcuni. E sebbene abbia detto già che non pretendo conoscerne le ragioni, sicuramente questo non costituisce un ostacolo —da buon blogger— all'esporre qualche teoria folle, giusto per passare il tempo.

Come in ogni correlazione, vi sono tre possibili scenari: l'esilio è colpa del blog, il blog è figlio dell'esilio, sia il blog che l'esilio sono stati causati da qualche altro fattore. (I più preparati in statistica mi rimproveranno di aver saltato la possibilità che non vi sia nessuna relazione tra blog ed esilio. Tali persone non sono capaci di percepire l'ironia insita in questo articolo e la sua mancanza assoluta di metodologia scientifica, malgrado il tono pseudo-formaloide, cosicché non le daremo retta.)

Per molti, il blog è diventata la porta aperta sul resto del mondo. Scrivendo un blog stai invitando altre persone a conoscere la tua vita ed è invevitabile che questo avvenga nei due sensi. Così ti ritrovi a leggere i blog degli altri e a scoprire altre vite in altri luoghi. Quando scrivi lamentandoti del trasporto pubblico nella tua citta, qualcuno inevitabilmente lascia un commento che si può riassumere in “la vita è migliore nella mia città”. Alla fine diventa per te impossibile ignorare una tale pressione e inizi a sentirti curioso del mondo oltre la tua strada e, senza nemmeno accorgertene, ti ritrovi qualche mese dopo a trasferirti Oltreoceano.

D'altra parte, certuni erano già curiosi prima di iniziare il proprio blog. Molti si sono trasferiti prima e hanno iniziato a scrivere poi. Ed è nella solitudine della città nuova e straniera che il blog si converte nel legame virtuale coi vecchi amici, con la famiglia, con quanto ci è familiare. Anche quelli che amano la loro nuova vita trovano nel blog lo strumento perfetto per mantenere viva la relazione con quanti sono rimasti a casa. Non è più necessario passare ore al telefono con la mamma a raccontare com'è la nuova casa, per poi ripetere le stesse cose allo zio e poi più tardi all'amico di sempre. Semplicemente lo posti sul blog e poi ti godi il tempo avanzato bevendo una birra al bar dell'angolo.

Ma forse non c'è nessun collegamento causale. Forse bloggare e l'esilio sono entrambi il risultato di qualche altro fattore. Forse noi blogghiamo come forma di conoscenza e viaggiamo per lo stesso motivo. Forse la stessa attitudine mentale che ci ha portati a scrivere del tempo o di quello che mangiamo a colazione è responsabile di aver stimulato in noi il desiderio di vivere in un altro paese.

Però, dopo tanto analizzare, sono arrivato a una teoria che forse non tutti condivideranno, ma se questi lasciano da parte l'orgoglio e guardano dentro di sé, si renderanno conto che è questa la vera ragione. Credo che tutti i blogger esiliati partirono un giorno in cerca di un nuovo destino solo per avere di che bloggare, e anche perché non c'è modo migliore di ottenere nuovi link che farsi nuovi amici in una nuova città. Mi arrischio a dichiarare che questi blogger sono emigrati in cerca di nuovi post e di un miglior pagerank.

venerdì, marzo 03, 2006

Consolato d'Italia di Barcellona (2ª parte)

Logo dell'Italia

Alla fine ce l'abbiamo fatta! Siamo riusciti a iscriverci all'A.I.R.E.

Il plurale maiestatis è per la grande soddisfazione nel riuscire nell'impresa. Non a caso mi sento un po' come la prima volta in cui terminai Double Dragon.

Iniziamo dall'inizio.
Mi sono recato alle porte del consolato mercoledì, poco dopo le 7 del mattino. La bandiera tricolore era riapparsa al balcone del 1º piano: ottimo segno. Non ero il primo in fila, ovviamente, benché fossi arrivato 3 ore prima dell'apertura degli uffici. Armato di un nuovo (buon) libro, mi sono messo a pazientare. Passa il tempo e la gente arriva. Passa il tempo e inizio a chiaccherare con gli altri emigranti che aspettavano assieme a me in mezzo alla strada.

Sorpresa, sorpresa! L'80% dei presenti erano italiani, si, ma del Sudamerica! Argentina! Quasi tutti gli italiani di Barcellona sono argentini, nipoti di emigranti e a loro volta emigranti. Corsi e ricorsi storici: dagli Appenini alle Ande e poi, 50 anni dopo, dalle Ande ai Pirenei. Tra Marco e Sebastien in pratica.

A un certo punto (non ce la si faceva più dal freddo) spunta un impiegato del consolato che ci dà dei numeri per accedere, più tardi, all'ufficio competente. Per riscaldarci, andiamo a prendere un caffé corretto al bar di fronte e iniziamo a raccontarci le nostre storie di emigranza.

Ezechiele (detto Eze) è originario dell'Etna, nonno emigrante e lui è tornato a lavorare in Italia, a Milano. Fredda Milano e dura anche. Quando è arrivato a Barcellona è rimasto tutta l'estate senza lavorare, lui, la moglie e i due figli piccoli. Non si sono persi d'animo e si sono goduti in spiaggia sotto gli ombrelloni la vacanza forzata.

Maria viene da Santa Fé. Ha sposato un italiano e siccome il sangue italico scorre nelle vene anche del terzo figlio (a questo punto ci mostra le foto di tutti e tre), lo va a iscrivere al consolato. Il bambino ha un anno, non ha mai visto l'Argentina e non ha ancora una nazionalità. L'ideale sarebbe quella spagnola, visto che vivrà qui, probabilmente. Ma la nazionalità spagnola si ottiene per diritto di sangue, non di nascita, e quindi meglio ripiegare sull'Italia.

Mi fermo qui coi racconti, ma in 3 ore di fila ce ne siamo dette di cose...


Alle 10 meno cinque saliamo e siamo ammessi dal portiereindivisadasecurity a fare la fila allo sportello 5.
Dopo un'ora, Eze e Maria -raggiunta dal marito, ex calciatore e adesso idraulico- sono rimandati indietro perché gli mancano alcune carte. Dovranno ricominciare l'odissea un altro giorno; lunedì visto che gli uffici dell'A.I.R.E. sono aperti solo 3 giorni alla settimana, in periodo elettorale. Logico.

Fortuna vuole che la mia iscrizione si faccia senza inghippi. Da Trento ora deve solo arrivare il nullaosta e poi sarà fatta. Se entro il 22 marzo non ho notizie, allora dovrò tornare per vedere a che punto è arrivata la pratica. Il 22 marzo è la data limite per far arrivare le cartelle elettorali.