martedì, maggio 30, 2006

tingendosi d'azzurro, color di lontananza.

Festa per la partenza di  Nir Un tema che ultimamente mi pesa particolarmente è lo scorrere del tempo.
Si, lo so...
Però oltre che la semplice manuntenzione degli affetti (arte assai impegnativa), si tratta di non perdere il legame con chi si è lasciato alle spalle (intendo nel senso di "lontananza"). Un legame destinato a perdersi comunque, per mancanza di vita comune, di confronto quotidiano. Ci si ritrova a voler bene a persone in realtà non esistenti, ad archetipi, a spettri inventati e intrattenuti dalla nostra mente.
Il presente conta, come contano le persone che ci stanno vicine ora. Sono loro che ci vedono prendere decisioni, cambiare umore, lanciarci in nuove esperienze ed è a loro che si raccontano queste esperienze una volta giunti alla sera.

Vivere lontani dal posto che ci ha visti crescere comporta anche questa presa di coscienza: gli amici, gli amici di sempre, non ci sono più. Non ci saranno più.
Non è detto che tutto sia perduto: a volte si mantengono comunque stretti legami, intrattenuti in buona parte grazie a Sorella Intenet, a volte spendendo cifre abnormi al telefono. Anche se la vicinanza con l'altro si trasmette mediante il soffio, continua a mancarmi l'esperienza quotidiana, e le piccole sofferenze come i piccoli successi vengono regolarmente tagliati nei "riassunti" che si fanno per mail o una volta all'anno, quando si torna a casa per Natale.

Nir
Vivere lontani porta anche nuova conoscenza (ringraziando il Cielo!) e nuove vicinanze. Amicizie che, a loro volta sono destinate ad affievolirsi se non intrattenute o se si interpongono chilometri.
Ma questa è un'altra storia...

giovedì, maggio 18, 2006

venerdì, maggio 12, 2006

class Philosopher extends Man

Trovandomi nuovamente a fare didattica universitaria, mi son reso conto (ma già lo si sapeva) che i post-adolescenti vivono in un limbo, separati della realtà che li circonda.
Per questo trovo sempre il modo, nelle mie lezioni di programmazione ad oggetti, di lanciare qualche riferimento alla storia della scienza e alla filosofia.

Rispolverando Java, ci si rende conto senza neanche troppo sforzo, che la programmazione ad oggetti porta dentro di sé 2300 anni di storia della filosofia.
Ritroviamo l'ontologia platonica nell'astrazione ci si effettua in programmazione, dove si possono usare descrizioni generali e incomplete (astratte, appunto) per meglio definire elementi derivati e per fornire un'interfaccia generica che permette di usarli senza preoccuparsi dei dettagli d'implementazione.
I predicati, la teoria della divisione aristotelica e le gerarchie che ne conseguono si ritrovano nei rapporti di ereditarietà che legano le classi tra di loro. Quando si consiglia di programmare, iniziando dalla classe più generale, non si fa altro che definire un concetto, iscrivendolo in un insieme più esteso e suddividere quest’ultimo attraverso una serie di note caratteristiche, fino ad ottenere un insieme che abbia la stessa estensione dell'oggetto da definire.

Divertente come il peso della nostra storia filosofica entra nei minimi dettagli della nostra vita, nella pratica quotidiana.
Diventente quindi anche immaginare come sarebbe il nostro mondo, la nostra scienza, se la storia avesse portato altri filosofi, Eraclito o Lao-tse, ad influenzare così fortemente il pensiero occidentale. Ad esempio: come sarebbe un programma informatico oggi? Come un'indistricabile rete di agenti che, scambiandosi messaggi o influenze, fanno funzionare un Tutto?

martedì, maggio 02, 2006

L'offerta di sangue all'amore, del disegno che si intravede nel post precedente, non è senza legame con quanto è successo in questi ultimi giorni di ritorno all'ombra del Vesuvio. Forse sarà il golfo di Pozzuoli, che deve sempre essere testimone di questi avvenimenti (almeno per quanto mi riguarda), che paga il pegno del contrasto così stridente tra la sua sovrannaturale bellezza e la disperazione di cui è testimone... Ulisse ed Enea vi diedero l'ultimo addio ai compagni Baios e Miseno.

La grande conca di cui Bagnoli costituisce il lembo più orientale, immediatamente sotto la collina di Posillipo, riesce ancora oggi, pur degradata com'è, a trasmettere quasi un senso di sgomento per la sua cristallina bellezza. Di più l'uomo non poteva fare per oltraggiare, umiliare, prostituire un "dono del Signore". Quanto oggi l'occhio è in grado di abbracciare tra Nisida e Capo Miseno è forse la prova definitiva che attesta simultaneamente l'esistenza di Dio e di Satana.
Ermanno Rea - Mistero Napoletano (Einaudi, 1995)