domenica, ottobre 18, 2009

La mia vita da modello

Combo, l'ultimo disco degli Otto Ohm, copyright OttoOhm.com
Questa è la copertina di Combo, l'ultimo disco degli OttoOhm. Se guardate bene (cliccare x ingrandire), vi riconoscerete un volto familiare (ok, facile: di volti ce ne sono solo due in questa immagine). Non che io sia un fan del gruppo, ma per vari torbidi legami e pure casualità, mi ritrovo ormai legato a loro in questa copertina.

È stato divertente fare da modello: posare ripetutamente, resistere in posizioni scomode (Photoshop non ha rimosso il precario equilibrio nel quale ci trovavamo) con Nadine che tremava per lo sforzo (lei si, una modella professionista), cambiare espressione (di più! di meno!) e felicitarci al finale della sessione.

Già, avrò fatto anche questo!

giovedì, ottobre 01, 2009

Bilancio


...e penso a tutti questi mesi passati senza farmi sentire, penso alle telefonate non fatte e a quanto mi sono perso. Mi viene rabbia per ritrovarmi quasi al punto di partenza, rabbia e tristezza. Tutto avrebbe potuto essere diverso, ma forse sono io, quello diverso.
Non vedo Napoli da quando? Cinque, sei mesi? Mi rigiro e sento il freddo della solitudine. A volte no, mi sento bene, coraggioso come sempre. A giorni sono felice. E poi mi riscopro a piangere pesanti lacrime amare, di nascosto.
Non so che pensare di me: troppo instabile, navigatore in un mare sempre in tempesta. E poi ci sono troppe cose che non capisco e che non mi spiego se non con voli pindarici assurdi e strani.
Mi manca mia figlia, in un rapporto che non ho/abbiamo mai saputo consolidare. Ma forse questo è il destino dei padri assenti. Tante altre cose, poi.
Ora invece ho qualcosa di molto più importante da inseguire. I fili perduti di un sogno.

lunedì, settembre 28, 2009

Ipocrisia elvetica?


(Roman Polanski with Crystal Globe Image provided by Film Servis Festival Karlovy Vary
Roman Polanski è stato arrestato ieri a Zurigo, al suo arrivo all'aeroporto per ritirare un premio alla carriera.
Il mondo della cultura si è immediatamente sollevato, con proclami di solidarietà e indignazione. La mia prima reazione è stata simile, ma non esattamente per gli stessi motivi. I fatti contestati rimontano al 1977, quando Polanski ebbe rapporti con una minorenne dopo aver condiviso alcol e droga. Il discorso se la vittima fosse consenziente -sollevato dagli avvocati stessi del regista- non ha nessun peso, trattandosi di minorenne di 13 anni.
Quindi che vogliamo fare? Usare due pesi e due misure perché la persona in causa è un genio della cinematografia moderna o perché i fatti risalgono a 30 anni fa? Dimenticarsi delle ferite del passato è impossibile e certi eventi non cadono mai in prescrizione. O forse si? Se si assume che le persone cambiano con gli anni, non possiamo fare altro che sperare che il regista quasi ottantenne venga rilasciato il più presto possibile e possa continuare la sua vita nella massima serenità.

D'altra parte, questo caso rivela trame sotterranee. L'opportunismo degli svizzeri è sorprendente: il regista è da tempo cittadino francese e da tempo ricercato per comparire davanti ai giudici americani. La Svizzera inoltre ha molto da farsi perdonare e non è mai stata un esempio di chiarezza politica.
Opportunismo è la parola che mi viene in mente, opportunismo intelligentemente nascosto dietro la neutralità. Se i problemi fiscali con UBS non ci fossero, l'arresto potrebbe quasi apparire come un atto di buona volontà. Ma la pressione sugli USA è sospetta. Sì, la Svizzera è sospetta da quando le sue banche nascondono dietro a conti cifrati, segreti e tesori di mezza Europa.
Vuoi vedere che se Roman Polanski si fosse presentato sotto nome falso (o solo anagrammato), i doganieri avrebbero chiuso un occhio?

martedì, settembre 22, 2009

Sogni di grandezza

Tramonto su Salonicco

La Grecia è un delirio europeista. Sono a Salonicco per una conferenza (ICAPS09) e per la prima volta metto piede in Grecia. La prima impressione, scendendo dall'aereo, è quella di ritrovarmi a Napoli, però come se fosse Capodichino di 10 anni fa quando dovevi camminare sulla pista per raggiungere il terminal, persino l'afa è la stessa e sul fondo, per completare l'analogia, dietro la città, un monte dalla stessa sagoma del Somma-Vesuvio.
Colpisce il rumore delle macchine e il caos tutto meridionale. Sorprendono sopratutto i cartelli per trada: una strana sovrapposizione di alfabeto greco con caratteri latini. Sembra che, nella fretta di unirsi al resto del mondo Occidentale, abbiano fatto una transizione parziale. Le scritte in inglese rivelano il desiderio di adattarsi a un capitalismo che qui perde ogni senso. "Free way", "Beauty shop", "Helen's" e altri negozi dal nome straniero suonano come da noi, falsi, solo che qui il contrasto con i caratteri greci tradizionalmente usati rende questo scimmiottamento più evidente.
Patria di Alessandro e Filippo, adesso la Macedonia è impegnata non a diffondere la propria cultura in tutto il mondo conosciuto o a conquistare l'immenso impero persiano, ora la Macedonia è impegnata a dare il suo nome a università, aeroporti, ponti e scuole per ribadire un "copyright" apparentemente usurpato dalla Repubblica di Macedonia, poco distante e indipendente dall'affannata Grecia.
Nel nostro immenso albero-monolito di fronte alla baia, la conferenza stavolta è andata alla grande, offrendo incontri con vecchi amici e buena onda alle talk. Come che, la speculazione edilizia degli anni '70 è pur servita a qualcosa.

giovedì, luglio 23, 2009

Altre piccole differenze

On the road, a blue CadillacLa California non è la East Coast.
Sorprendono, in questo paradiso del sogno americano, lo spirito dei luoghi, riflesso dalla sua architettura che accompagna da molto vicino la vita delle persone qui, sulle sponde del Pacifico.

Le strade sono larghe. Viale Diocleziano è un vicolo in confronto. A Pasadena, un viale ha 4 corsie, l'autostrada ne ha 10. Continuando lungo la highway si arriva a Hollywood che non è altro che un isolato in mezzo al nulla di un viale contrappuntato di stelle dai nomi evocatori, incastonate nel suolo. Viene da sorridere; sembra la via delle stelle cadute, di quelli che un giorno furono famosi (e forse anche per un giorno solo). Difatti il Sunset Boulevard, il Viale del Tramonto, non è lontano, giusto la parallela di Hollywood.
Jackie Chan et moi
La macchina, ovunque, le distanze sono lunghe perché la città è sparpagliata su un territorio di più di 1000km², perché la maggior parte dei quartieri è costituito da case, casette o ville, tutte con il proprio giardino, cortile o parco, perché ognuno ha il diritto alla sua fottuta privacy. Forse questo paga visto che la gente è allegra, non come se stesse lavorando, ma come se fosse in un'eterna vacanza. La sensazione non è casuale, sole e mare sono sempre lì, tipeidi e disponibili. Lo sport più diffuso è il surf. Le bionde sono perfettamente bionde.

Opportunità, noi 4 di fronte al nostro primo Oceano

Ognuno sente di poter fare l'attività che vuole o almeno può intentare di trovare il suo posto nella società. Questo, come nei libri di Fante, ma in modo molto meno oscuro e travagliato, dà un senso di libertà. Libertà!
L'America è una statua che ti accoglie e simboleggia, bianca e pura, la libertà.
Liberi di consumare, anche. L'aria condizionata è ovunque, gelida come il ghiaccio che distributori giganti dispensano alla nazione in ogni angolo. Si usa una lavatrice per una camicia sola e si cena sempre fuori casa, perché il cibo buono e variato: si può mangiare qualunque cosa in questo paese di immigranti. A Santa Barbara ci siamo imbattuti in un allevamento di granchi giganti che, per pochi dollari, ci hanno deliziato delle loro carni. E poi, più a nord, il nulla: una strada che si srotola lungo una costa incontaminata, fatta di falesie e boschi e foche che pescano in piccole baie riparare. Il paradiso dicevo, dove il governatore è Swartzenegger, un attore molto migliore del clown di casa nostra. In un certo modo, con i dovuti filtri, sanno come vivere, questi bastardi!

domenica, luglio 19, 2009

Incontri previsti

CLG planner talk

Mi viene da sorridere.
Ho lasciato Pasadena da un giorno, dopo una delle peggiori conferenze dal punto di vista sociale che abbia mai avuto. Credo che sia per l'alto numero di nerds e la bassa quantità di donne presenti. In compenso ho incontrato un paio di vecchi amici che mi aspettavo di vedere.
Il primo, succulento G.S. (detto "boria" dagli amici), è apparso il primo giorno, ai workshop. Credo che sia stato l'unico momento in cui sono stato capace di bloccarlo 5 secondi e baciarlo affettuosamente. Per tutto il resto della conferenza mi ha evitato come la peste (oppure se ne stava in disparte, chinato sul suo laptop, e non me la sentivo di tirarlo fuori dal suo autismo). E dire che avrei tanto voluto postare quì una foto di noi due abbracciati e sorridenti...

L'altro incontro, che mi ha riempito di gioia (e non solo di divertimento), è stato con Gilles (a volte scrivere solo iniziali confonde). Vecchio amico del militare, compagno di stanza per 10 mesi, professore a Lens. Si ricordava ancora la pasta e patate cucinata in varie spezzoni in una domenica d'inverno. Completamente fuori contesto, però con lui e i francesi abbiamo fatto la chiusura del ricevimento; fino all'ultima goccia, si può dire.

È difficile stare lontani così. Non me l'aspettavo. Adesso scopro che avere un legame forte è come un'ancora, e tornare diventa una gioia ancora più grande del partire. Condividere questa gioia in 2 è ancora più meraviglioso.

Sono finito a Malibu, per questi ultimi giorni, ospite di B. e C. Amazing! Tutto questo viaggio è stata una sorpresa, in bene o in male, però la vita
sulla costa riempie tutte le aspettative. Ballerine hawaiane, cocktail da spiaggia, pesce fresco del Pacifico, l'Oceano immenso di fronte e i surfisti che non fanno altro che parlare di onde e di spiagge dalla sabbia fina e dorata, code di aragosta. E le bionde... hmmm.. le bionde. Le bionde sono veramente stupide!

Alex et Gilou à IJCAI09

venerdì, giugno 26, 2009

Racconti dall'età dell'oro

Piero Da Cortona - Golden AgeOra sto a Napoli, nella mia vecchia stanza però ristrutturata (non le cerchi, ma saltano fuori mille simbologie da ciò), tra vecchi libri e goban. Uno stacco, come non ne ho da tempo.

"Dopo tre mesi, una relazione smette di fondarsi unicamente sugli ormoni e si scopre com'è realmente l'altra persona", dice il mio amico F.   A dire il vero, la mia personale esperienza mi porta a dire che una persona mostra la reale se stessa dopo due anni. Prima di questo termine, si riesce a vivere senza che (troppi) nodi vengano al pettine.
In ogni modo, ora ho una visione più chiara di questo primo periodo.

Il primo mese si perde nelle nebbie del mito. È come l'Età dell'Oro dei nostri progenitori, come la Lupa di Romolo e Remo, come la spedizione degli Argonauti: le storie più forti nascono in questo momento, i ricordi più emblematici anche. Se la forza dei ricordi dipende dalla loro carica emotiva, all'inizio di una relazione siamo in un'ottima posizione per memorizzare ogni gesto, ogni frase detta.

Il secondo mese è dedicato al sesso. Ci si scopre fisicamente e si passa il tempo a respingere i limiti dell'altro. Prove su prove, per vedere con chi si ha a che fare. A volte si rischia e si arriva dove non si sarebbe mai dovuto arrivare; tanto stress da poter scoppiare.

Il terzo mese è un primo test, cieco, di coesistenza. La presa di coscienza che non si è più soli e il lottare contro questo. Qui capisco cosa voleva dire F.: la dipendenza da dopamina è talmente alta da impazzire, ma non è più una novità e ci si ribella ad ogni costrizione. Ancora una volta: la presa di coscienza si traduce in un nuovo assetto delle proprie abitudini. Prendere o lasciare, però durante il terzo mese si ha ancora abbastanza ormoni in corpo da poter ancora volare, portati da ali inerziali.

Qui finisce la storia mitologica fondamento delle civiltà. Da ora in poi l'uomo riprende possesso del proprio destino e guarda ai suoi atti con occhi aperti e critici. In un certo modo, qui si diventa adulti.

martedì, giugno 09, 2009

Narcisismo elettivo

Un vento di destra soffia in Europa. Non mi sembra strano, dato lo stato della sinistra. In Francia e Italia -paesi storicamente dove è sempre stata storicamente forte- è disgregata, sgretolata dalle infinite lotte intestine.
Un articolo di Scalfari che ho letto da poco va nella stessa direzione di queste mie sensazioni. Troppi litigi, troppo narcisismo. A sentire questa parola, subito penso alle scarpe di Bertinotti!
Ognuno difende il suo, ciascun partito smette di fare politica (leggi: compromesso) per curare i propri interessi o le proprie ideologie. Arrivando fino all'assurdo per non cedere alle alleanze: il PD esitava ad entrare nel partito socialista europeo! Tentenniamo per andare con i ELDR (European Liberal Democrat and Reform Party) dove, per esempio, partecipa il CiU di Alfons Mas. A me sembra allucinante! Comunque alla fine si trovò un'ulteriore forma di difendere se stessi per non dare alla politica europea confluendo nell'ASDE.

Ecco, tutto questo narcisismo politico, noncurante degli interessi degli elettori, mi fa paura. Mi fanno paura certi aspetti del mio carattere, ora che si confrontano con un valido e duro specchio nel quale riflettersi. Al ché, scatta la domanda: è possibile cambiare in meglio? Dimenticare un po' se stessi per un obiettivo più grande?
Personalmente credo di si. Si cambia se c'è necessità; "the greatest good" è generalmente una buona causa per la quale sacrificarsi (la unica difatti). Non sarà la prima volta. Capitò con R., anni e anni fa, per diventare un po' come sono adesso. Iniziai a fare colloqui a Google Zurigo prima di rinunciare, visto che il movente di tale cambio di intenti era venuto a cadere (non sempre ti danno fiducia, fa parte del gioco, anche se dà rabbia). Adesso sembra che il tempo e la fiducia siano agli sgoccioli... malgrado tutto, la lotta continua!

mercoledì, maggio 06, 2009

Principesse metropolitane

Tempo fa parlavamo delle scelte.
La tentazione oggi si è presentata sotto forma di una principessa dalle gambe bianche, calzate di un leggero velo di seta mentre un gonnellino nero copriva fianchi larghi ed invitanti. Non mi dilungherò sulle spalle, scoperte e rotonde, da calzare perfettamente il palmo delle mani di un uomo. Un volto da angelo, dagli occhi sottolineati da una matita nera quanto i folti capelli che cadevano, con ampie cascate di boccoli, su un collo lungo e affusolato.
Difficile, veramente difficile staccarle gli occhi di dosso, sopratutto dopo che i nostri sguardi si sono incrociati un attimo fin troppo lungo per essere onesto.

Non vi parlo poi della bionda dai capelli corti, tacchi e sedere provocante che era nella stessa carrozza e che incrocio ogni giorno in dipartimento. Facciamo finta di ignorarci.

Leggo il mio libro senza essere capace di concentrarmi sulle parole. La principessa tira fuori da una borsa giallo di Napoli (scuro) un set da trucco di Hello Kitty
rosa profondo e si concentra sulle sue labbra. Credo che tanta femminilità messa assieme non l'ho vista mai. Traballo.

La guardo. Non la guardo. Faccio le due cose assieme. Accarezzo il libro che mi è stato regalato da B. e penso alla sua pelle e alle risate fatte assieme. Le due donne della metro sembrano aspettare, ma la donna che ho io non aspetta un mio passo, la donna che io amo anticipa i miei desideri. Sempre. Sempre? Forse con la principessa sarebbe la stessa cosa, ma probabilmente no...

Le scelte, porca puttana, le scelte! Chiudersi strade per accedere ad altre. Ma poi?

Non alzo più lo sguardo e penso a quanto sono cambiato in questi anni. I consigli degli amici cercati e
ascoltati, la tranquillità nel guardarsi indietro, la disciplina nel seguire le proprie scelte. Appunto.
Scendo dal treno e (forse per la prima volta in vita mia) non mi giro per lanciare un ultimo sguardo seduttore all'indietro.

La paura non passerà prima di molto tempo. Ma non fa niente. Le scelte implicano patimento, quasi per definizione, ma sono anche queste stesse scelte che ci definiscono. Sarà perché si cresce solo attraverso la sofferenza?

venerdì, aprile 10, 2009

Il volo della falena

Tempo addietro, in altri luoghi e altre situazioni, scrissi di una falena. Un poemetto stupido e post-adolescenziale come molte delle cose che faccio. Un infinito inseguire se stessi, pronti a cogliersi in fallo.
L'idea della falena è come questo osservarsi mentre si è assenti, analizzarsi in quanto oggetto e ricordarsi (ahimé) le proprie debolezze come quando si parla ad un fratello minore. E qui torniamo alla Coscienza, all'Immagine del Soggetto a se stesso. Ma non è qui che volevo andare a parare...

La parte ancora ragionante del mio cervello avverte, invano, che non si deve giocare con il fuoco. Quante volte sarà capitato anche a voi. E malgrado le grandi promesse, i buoni propositi, a volte, dopo esservi bruciati, lanciate indietro uno sguardo furtivo e pieno di desiderio.
Già, tanto poi che fa? Ignorate, le fiamme non smettono di essere belle; guardatele danzare!

sabato, aprile 04, 2009

Decostruzioni

Da un mese ci siamo trasferiti nel nuovo campus del Poble Nou e lasciato la stazione di Francia che ci ha ospitati negli ultimi anni, tra rumori di treni e canti di animali del Zoologico. Il quartiere dove lavoravamo ha le sue attrattive, incontro di una gioventù trendy e di turisti colti. Uscire da lavoro e andare a prenderci una birra nel passeig a lato, con come sfondo una delle più belle cattedrali gotiche d'Europa, era un vero piacere.

La zona dove siamo adesso, stretta fra la Diagonal, Marina e i primi palazzi del Poble Nou è -di contro- in piena costruzione. Sarebbe forse meglio parlare di decostruzione; infatti si sta buttando giù il vecchio quartiere operaio, le sue fabbriche di mattoni e i suoi caseggiati del primo '900 per fare spazio a grattacieli di cristallo, torri della modernità che avanza.
Il Poble Nou ha avuto uno sviluppo fortissimo durante la rivoluzione industriale, la
Manchester di Catalogna veniva chiamato. Ora si è uno dei luoghi al mondo che permette maggiormente di comprendere in che direzione si muove l'economia e -soprattutto- che la rivoluzione industriale è terminata da più di un secolo, in questa parte del pianeta.



Andando a lavoro, mi sono imbattuto in un libro che parla di una mansión, di vari personaggi in chiaro-scuro e di una sacrificio compiuto con la tranquilla calma di una fiera che si lascia cadere sulla preda, disfacendo in qualche attimo una vita, maturata a colpi di pericolo e crescita, giunta al suo compimento.

Adesso la zona dell'università è un quartiere pieno di contrasti, mentre si buttano giù i vecchi fabbricati e iniziano a sorgere a lato, alti pinnacoli alla moda sognati da architetti famosi. Se passeggiate lungo la stessa calle Tanger dove sorge il mio Dipartimento delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (eh sì, c'è trendismo anche nella scienza!), troverete, dopo l'isolato della Pompeu e gli studi della televisione di stato (TVE), una rimessa di camion trasformata in un villaggio gitano, con viali di roulotte e deposito di ferrivecchi. Poco più avanti, una discoteca hard, il Merlin, le cui mura hanno forma di torrioni e merli di castello medievale. E poi... il vuoto, due edifici in mezzo al no-man's-land che sorgono come monoliti grigi, dimenticati da una razza preesistente di formiche giganti, aspettando di essere abbattuti per far spazio a case più idonee al nuovo quartiere degli affari e della tecnologia che si sta costruendo.

Così le relazioni. Costruire per poi decostruire, a volte distruggere.
Il sacrificio del libro fu ben meditato, pianificato con saggia freddezza e del tutto gratuito: il momento venuto, la vittima fu naturalmente spinta verso il baratro che la aspettava, una voragine spalancata di disperazione, ampia ed affamata. Tutto molto semplice e vendicativo come un bambino.
Per non lasciarsi superare (dal tempo, dagli eventi, dagli avversari) bisogna correre sul filo di una lama, come una partita a go, sempre in equilibrio tra la realizzazione e la devastazione. Un'eterna ruota fatta di cancellature successive che si srotola e che compone le storie.
costruire.... decostruire.... costruire.... decostruire.... costruire.... decostruire.... Costruire.

giovedì, gennaio 15, 2009

Barcelona es bona si la bolsa sona!

Tre anni per districarsi nel labirinto dell'offerta culturale che è Barcellona! Il tutto, per vivere bene, è metterci il suo peso in danaro. Da quel momento in poi si esce dal circolo del turismo a basso costo e si accede ad aree dove si fa arte decisamente migliore. Si, perché il turista barcellonese è di tre tipi.
Il primo è quello che non si muove lungo le Ramblas, nato per essere spellato, attratto dalla reputazione della città, questo parco di divertimenti continuo. È un turista ignorante, pecorone dei tour organizzati. Il museo Picasso è la sua meta culturale più ambita, quando non va al museo del sesso a Colon.
Poi viene il turista colto. Costeggia il "pecorone" alla Sagrada Familia, lo si vede su a Montjuic al museo Miró e ai concerti del Palau. Beve un cappuccino al Borne e fa shopping nello stesso quartiere.

Infine c'è il turista danaroso. Scende all'Art e fa shopping al passeig de Gracia come tutti gli altri, solo che lui esce dai negozi con buste nella mano. A volte lo si vede da Bua su a Diagonal. Non esce al Borne perché non si sente cool, tranne quando cena al Bestiari o a Comerç 24. È ai concerti del Palau o al Liceu, ma non troppo perché generalmente è invitato a feste private su a Sarria.

Il mondo del divertimento segue il ritmo dei turisti. Ci sono i concerti pop e le discoteche frequentate, i finti spettacoli di flamenco per compiacere la massa. I concerti di qualità sono pochi, così come il teatro, che si divide tra superproduzione milionaria e spettacolo in catalano al fine di rivendicare una tradizione culturale ormai superata da un'avanguardia che non guarda a regionalismi.Festival Grec 2008


E noi, in tutto questo, come ci collochiamo? Beviamo una birra al Borne perché siamo cool, ma poi andiamo all'Apollo o al Razz. Tanto poi la musica pop è ovunque la stessa e questo l'industria dello spettacolo lo ha capito bene. Per uscire dai canoni... ecco, bisogna pagare. Da quando si mette a disposizione un budget per lo spettacolo si aprono porte insperate. Festival del teatro Grec, opere e grandi interpreti al Liceu, Herbie Hancock al Palau, musica sperimentale sulla terrazza del museo Miró (e la sera ci sono due pianoforti che si riflettono su uno specchio d'acqua mentre suonano e dietro il sole cala lentamente sulla città in fiamme). Si esce e si torna a casa soddisfatti. Più che soddisfatti: più sapienti, ricchi, appagati.

Ma poi chi si incontra a quei concerti "esclusivi" in tali luoghi ameni? Non si capisce bene.
L'amica Simo -mia fedele compagna di scappate al Liceu- mi faceva notare che a Napoli, quando si andava a teatro, si incontrava mezzo mondo. Qui? Non si sa se chi ci costeggia è professore universitario, funzionario di partito o ricco proprietario andaluso. Non esiste -o almeno non in forma esplicita- un gruppo sociale riconoscibile che si incontra spesso agli eventi artistici della città. La gente del Liceu non è la stessa che vedi al tuo ristorante preferito o alla prima di un film.
Sarà Barcellona elitista anche nella sua offerta culturale, tanto da creare comparti stagni di habitués? Oppure, più semplicemente, non esistono gruppi culturalmente attivi e quelli che incontro quando esco la sera sono semplicemente altri turisti, di una quarta categoria nascosta e culturalmente attiva.