sabato, novembre 24, 2007

Dimmela con chi te la fai e ti dirò chi sei

L'amico E. sollevava una questione ieri sera: come mai ci ritroviamo tra di noi, cosa ha creato il nostro gruppo di amici e -finalmente- come mai scegliamo di stare con certe persone piuttosto che con altre. Le affinità elettive, insomma.

Certo, in ognuno c'è qualcosa di positivo e di negativo secondo il
nostro criterio di valutazione. Quando scegliamo di stare con qualcuno, di frequentarlo e di aprirci a lui, lo facciamo dopo una scelta ben precisa, per cosciente o incosciente che sia.
La scelta non si basa su criteri universalmente riconosciuti, ma generalmente riconosciuto e accettato nel nostro intorno. Per esempio, una persona spietata potrebbe essere ben vista in una società che si basa sull'assassinio e l'estorsione, ma è valutata negativamente in un gruppo essenzialmente onesto, che cercherà aspetti più tranquillizzanti, atti a fondare le basi di un rapporto di fiducia reciproca.
I criteri che usiamo sono quindi dettati dalla nostra educazione e dalla società. Fin qui nulla di nuovo.
Mi si è accesa una lampadina, invece, perché mi sono reso conto che il mio gruppo di adesso, a Barcellona, è quasi tutta gente che normalmente non si frequenterebbe. Allora perché ce la facciamo assieme e ci cerchiamo sempre? Per abitudine?
Non credo.
L'abitudine di vivere in società popolose ci ha dato due strumenti (che sembrano perfetti se usati assieme): la necessità di stare in compagnia e la facoltà di adattarci.
Cercare qualcuno con cui stare è un istinto abbastanza basico della sopravvivenza, anche nel mondo contemporaneo, dove unirsi per condividere un affitto -per esempio- è assolutamente necessario per vivere in città.
La capacità di accettare persone diverse da noi dipende invece da un complesso sistema di valutazione dell'altro, di come ci formiamo una immagine mentale.
Certo, soppesiamo gli aspetti positivi e gli aspetti negativi, con la formula generale: (aspetti_positivi > aspetti_negativi), nel nostro sistema di credenze. Questo nostro insieme di aspetti che riteniamo importanti nel carattere ci descrive alla stessa maniera: "Gli aucielli s'apparano in cielo e le chiaviche 'n'terra", dice un saggio proverbio. Ma tutto questo è influenzato da altri fattori che la nostra mera capacità di valutazione. Per esempio entra in gioco la forma che abbiamo di vivere in gruppo: E. non sopporta A., però alla fine stiamo/stanno spesso assieme; questo avviene perché il fattore esterno "A. è amico dei miei amici e quindi, per evitare scontri, lo sopporto" è più importante della naturale propensione all'evitarsi.
Si potrebbe mettere in equazione la capacità di sopportazione riguardo a una persona che in un ambiente neutro non ci attrarrebbe (e quindi sarebbe persino difficile avvicinarsi per conoscersi bene), in funzione di quanto la valutiamo rispetto ai nostri doveri verso l'"esterno" (inteso come "amici, obblighi sociali, opportunità"). Semplicemente sarebbe (aspetti_positivi + sopportazione > aspetti_negativi).
Per riprendere il proverbio di prima, è sempre valida la conservazione del carattere attraverso gli amici:
miei_aspetti_positivi = amico_aspetti_positivi + delta
ossia
mio_chiavicume = amico_chiavicume + delta
dove delta è una costante dovuta alle variazioni genetiche tra gli individui.
Si potrebbe fantasticare sulla proprietà transitiva, ma è più saggio riservasi per un post futuro...

sabato, ottobre 20, 2007

La casa del Buon Gesù

Di rientro a Barcellona, a parte la sensazione di fiato sul collo post-conferenza, ho trovato la mia casa occupata. Cioè, mi spiego meglio: ho trovata la mia casa piena di ospiti. Amici che sono arrivati a Barcellona e che scrocc... e che stanno da noi da un mese, un mese e mezzo, pare.
Oddio! Sono una persona socievole e i miei coinquilini sono molto ospitali. Di fatto, in questi giorni, siamo arrivati ad essere 8 in casa, due per stanza, regolare. È vero che trovare alloggio a Barcellona è una delle imprese più complesse che vi sia (due anni fa buttammo il sangue per ben due mesi, visitando decine di appartamenti, prima di trovare questo piso). Dico "trovare alloggio", ma sarebbe piuttosto "trovare alloggio decente" dato i buchi che ti propongono a prezzi da suite all'Hilton.
Così, visto che casa nostra è un alloggio decente, gli ospiti vi si fermano a tempo indeterminato. Conseguenza diretta è che adesso abbiamo un paio di gruppi etnici che condividono casa con noi: i Fattoni, che vegetano sul divano davanti alla tv e si nutrono solo per gli effetti della fame chimica e le Portoghesi. Sembra che i Fattoni abbiano trovato un monolocale a Badalona, ne parlano da settimane ormai, ma le Portoghesi (uso il plurale anche se una delle due è regolare) credo che abbia visitato una sola stanza nel suo mese e mezzo di soggiorno qui.
Però, a parte la generale passività di questi ospiti (C. è stata bravissima e in una settimana si è tolta dai cogl... ha trovato casa), la convivenza va a gonfie vele. È questo che mi preoccupa. Le Portoghesi vivono di notte, fumando e sgolandosi davanti agli amici immaginari che vivono nei loro computer; interazione minima a cena. I Fattoni vanno a letto presto, anche qui, interazione minima durante il caffé alla mattina, e poi, anche se ci fosse più interazione, non è che danno fastidio a causa dell'iperattività.
Difatti inizio a preoccuparmi che mi sto adattando benissimo alla situazione, la apprezzo persino. I Fattoni sono generalmente piacevoli nella (poca) conversazione che hanno ed estremamente gentili e servizievoli. Ottimi coinquilini a conti fatti.
Le Portoghesi sono divertenti e carine (specificando che è la portoghese ospite che è particolarmente carina) e c'è anche un certo feeling. Sembra però che un vecchio nostro ospite plurimensile, J., si stia avvicinando a concludere con lei. Sarebbe una onta terribile per E. e me, indipendentemente da tutto... sarebbe come quando, nel 1990, la Germania ci vinse il Mondiale in casa!

lunedì, ottobre 01, 2007

Diario americano (4ª parte)

New York

Gente, un delirio di gente. Luci, suoni, colori... ma questa è l'ottava avenue, incrocio con la 43a strada, dove tutto è luccicante e caramellato. Manhattan.
Il mio primo approccio a NY è stato però attraverso un paesaggio fantascientifico: distese immense di casette di legno, al massimo di un piano, si estendevano nella pianura mentre dominavano, qua e là falansteri rosso scuro di 20 e più piani dalla forma a croce. Un paesaggio alla matrix, ma di giorno e con una foschia che rendeva irreali le sagome che si perdevano in lontananza.
Il Bronx è l'allegoria del delabramento delle cose. Quartieri interi come abbandonati a se stessi, ma con bambini che corrono negli spiazzi, ragazzi che parlano sulle scalette, vecchi che camminano... Impossibile non essere un buon fotografo a NY. I contrasti sono stridenti, i colori persino sono forti e i cliché si sommano ai déjà vu. Déjà vu per quel film continuo che è l'America.
Ad Harlem una coppia bianca spiccava tra i passanti come chicchi di caffé su un abito da sposa (NdA: avrei potuto dire "bagarozzi", ma mi sono trattenuto :). Molti bambini giocano per strada, esattamente come al cinema, con gli stessi movimenti, i medesimi High Five.
Alla fine la sagoma di Manhattan si perde nel traffico delle autostrade, bruma e smog, torri alte, ancora una volta, da città proibita di un film di fantascienza.Il Westin Hotel, nel cuore di Broadway

domenica, settembre 30, 2007

Diario americano (3ª parte)

Boston

Una cosa degli Stati Uniti è che la gente ti parla.
Me ne ero accorto nel taxi a Providence, dove il tassista ha iniziato a raccontarci di un fatto accaduto all'aeroporto la mattina stessa; solo Emil aveva reagito, conoscendo questa maniera di fare che, in questa città, è più evidente.
Notte, sbarco dal treno e con E. vado a Cambridge, ci separiamo e -mentre aspetto alla fermata del bus- il mio vicino di panchina mi racconta delle sue difficoltà nel raggiungere il suo quartiere con l'autobus 84, il quale si ostinava a non passare. Mah, non sono di qui e magari poco mi importa... mentre sono occupato a rimenere perplesso, si avvicina una tipa che chiede se l'84 è passato. La conversazione riprende con rinnovato vigore e interesse (anche da parte mia ormai).
Un giorno giravo lungo Comm. Ave., fermandomi di tanto in tanto per connettermi col computer. Tra una chattata devastante e un controllo di mail, vado avanti fino al quartiere di Fenway Park. Sotto un albero, uno strano tipo di nome Vadim, mi chiede se riesco ad entrare in internet per vedere i risultati della partita di calcio femminile Usa-Brasile. Poi iniziamo a parlare del suo viaggio dalla Polonia a Sorrento, sulle tracce della sua famiglia emigrata mezzo secolo prima. Ovviamente tutto si terminò sul lido di Ostia, in compagnia di una giovane e bella romana. Correvvano come il vento i ruggenti anni '60.
Abbiamo continuato su questo tono e ritmo per parecchio tempo, abordando il tema maschile universale: le donne e nella fattispecie prendendo spunto dall'emblematica stroria fra BB e Roger Vadim. Sembravano le confessioni di due play boy!
;-)
Dubbi sulla bandiera
Il quartiere italiano di Boston è una città nella città, dove le radici sono forti quanto esagerate fino al grottesco. Mi è capitato di vedere un macchinone grigio esportivo fermarsi in mezzo a un vicolo, il finestrino abbassarsi e una voce apostrofare una passante vestita di nero (come nelle nostre campagne negli anni '50). La discussione, animata da grida e risa, è andata avanti sui figli e i figli di amiche che erano da poco andati al college, alternando tra americano e una sorta di dialetto abruzzeze. Nel frattempo mi meravigliavo dei colori dei negozi e dell'aria deliziosamente retrò di certi dettagli. Era come sentirsi a casa: dopo tutte quelle strade allineate e bordate di costruzioni moderne, eccomi finalmente in un quartiere... con l'anima del quartiere.
Se passate di lì, vi raccomando di andare al mercato di Haymarket e di gustare i clams di Cape Cod appena aperti sulle bancarelle. I clams (i fasolari da noi) sono di una squisitezza oltre l'immaginazione, il sapore resta in bocca per ore colmandovi di freschezza e piacere godurioso (NdA: si, ho appena scoperto l'orgasmo multiplo, vabbé?!?).

In questa città dalle diverse anime, mi sono spostato da una periferia molto provinciale e al centro mastodontico dove imperano i grattacieli. De ritornare coi piedi su terra mi sono incamminato verso il North End. Una passeggiata nel cimitero di Copps' Hill mi hanno definitivamente convitnto che, a Boston, le leggende americane che si mescolano coi luoghi, le strade e i palazzi.

martedì, settembre 25, 2007

Diario americano (2ª parte)

Il giorno dopo eravamo in una birreria, divorando con il burger gigante, meravigliandoci davanti a quella schifezza che è la rootbeer e fantasticando sulla partita di baseball sul megaschermo. Cliché alla pala!
Seduti fuori, bevendo e parlando. Spunta una famiglia di colore da delle scale, la madre con i figli (la figlia piccola, coi fiocchetti nei capelli); la madre ci chiede soldi insistentemente per comprare una bottiglia d'acqua e per dormire.
Ora, dico io, di poveri ce ne sono ovunque, quello che qui ha colpito è che per giustificare la sua "richiesta di fondi", la donna esibiva un foglio dove (di)mostrava che alloggiava in un certo luogo e -sopratutto- parlava di usare la carta di credito («Compratemi una bottiglia con la carta di credito»). Situazione ben troppo assurda per noi europei; "richiesta di fondi" che poi ha preso una piega fin troppo umana. Non era solo qualcuno che chiedeva soldi, ma li chiedeva perché era in una situazione difficile («Nessuno di voi ha figli?»). Lo spirito di branco, assolutamente non nel senso aggressivo o negativo del termine, ha fatto sì che nessuno ha reagito a qualcosa che era veramente surreale (o almeno ci sembrava tale).
Ci siamo guardati, inebetiti e anche un po' vergognosi di poter/dover reagire. Alla fine la situazione si è sbloccata positivamente, dicimm'... anche se ammetto che temevo lo spettro della polizia che viene e butta in galera tutta la famiglia. Questo paese ha qualcosa di illogico, ma anche ha i suoi bei angoli bui.
E. e M. discutendo, poco dopo, nel cielo, lo zeppelinLa serata si è conclusa con col nostro piccolo gruppo barcellonese che aspettava una fantomatica navetta. Alla fine, in cielo tra i grattacieli, è apparso uno zeppelin. Coronamento di una nottata degna di un film metropolitano.

domenica, settembre 23, 2007

Diario americano (1ª parte)

Providence

Sbarco in America. Lamerica degli emigranti, proprio quella.
Da subito, sembra di essere in un film: i grattacieli, le casette di legno del New England, tutto perfetto, tutto come da copione.
Scendiamo dal bus, giardinetti, taxi (anzi, "cab") e poi l'albergo in riva all'autostrada. Cena, ribs con salsa barbecue o bisteccone Angus.
La conferenza prende inizio all'università Brown: un campus vittoriano con tocchi neoclassici (troneggiava una statua di Marc'Antonio a cavallo tra gli edifici gotici). Tutto perfetto, persino l'associazione studentesca a tre lettere greche con balcone sullo spiazzo interno dell'università.
Un giorno mi ritrovo persino in un club dall'allure inglese, per fumatori di sigaro, dove gli ospiti venivano introdotti da soci anziani. Mi sentivo perso, tra l'altro senza cellulare per comunicare, in una galleria di quadri, che era anche ristorante (con buoni dolci e insalate curiose più per gli accostamenti che per gli ingredienti).
La sera ci ritroviamo in un bar con, alla tv, indovinate un po'... la partita di football americano, quello sport per barbari assetati di sangue.
Sorriso quasi forzato della cameriera amabilità fino all'estremo e quasi ironica. Poi i "graffi sullo specchio": un ragazzo viene arrestato dalla polizia per una strana storia di età e di coltello. Ovviamente il ragazzo è negro. Si parlava d'altro con lui fuori dal locale quando è arrivata la polizia (armata, divisa da film), chiamata -pare- dal gestore del locale. Un attimo di freddo e poi gli hanno infilato le manette e portato via. Tutto qui, facile come in un film.

martedì, settembre 18, 2007

Il giorno fu pieno di lampi

E rieccoci a Barcellona, dopo una intensa estate.
Il mio viaggio iniziatico alla scoperta dei segreti del cuore è terminato con uno scottante nulla di fatto. Inutile avvicinarsi, inutile viaggiare, inutile impegnarsi. Direbbe Anna: "Alex, ma tu questo lo sapevi già". Lo sapevo già? Forse sì.
Sapevo della tendenza all'autopunizione, del timore di vivere, delle esitazioni infinite. A conti fatti, i sensi di colpa me li tirai via di dosso sui 24 anni. Troppo presto... già, troppo presto per tutto.
Sapevo anche del non-impegno, delle scottature, dello stesso mio timore a legarsi. Lo sapevo, ma mi ha colpito come un pugno in faccia perché per la prima volta ho sentito forzare un blocco.
Sempre la stessa storia: a un certo punto c'è qualcuno che vuole riprendere il controllo della macchina che sbanda. Sarò troppo taoista se dico: "Lasciatela sbandare perché è nella sua natura"?
Credevo di cambiare qualcosa, ma al solito il narcisismo mi acceca. A mia difesa potrei dire che stavolta forse ho tentato. Almeno qualcosa.

Bene, Barcellona dicevamo. Proprio ieri sentivo E. la russa e mi chiedeva com'era la città. Ci sono i guiris lungo la Rambla, il caldo sabbioso alla Barceloneta, continuano a pulire le strade ogni notte. Barcellona sembra non essere cambiata: solo è un po' più se stessa e noi un po' più barcellonesi. Ci sono i gelati italiani a Gracia e due nuovi acquisti poiché i fisici napoletani sono ovunque densi. Avrei dovuto risponderle che Barcellona è anche piena di buone intenzioni per l'anno nuovo, visto che ci stiamo facendo degli amici che sono un po' più amici, della nostra ricerca che ci è entrata nelle vene. Alla fine ci si fa forte delle esperienze, delle tempeste superate. Si, ora verranno le stelle, le tacite stelle.

giovedì, agosto 30, 2007

Spostamenti

Stavo lasciando perdere le mie tracce.
Allora allora, nelle ultime settimane, dopo il Salento e gli amici e l'aria di casa (sole a picco, caldo e bagni a mare), mi sono trovato in Belgio, bell'e bbuono. Scuola di logica. L'aria si è fatta feschetta (nubi sparse, venticello, notti freddine) e il cibo più pesante. Ora non lamentarmi: studiare è sempre esaltante e conoscere persone nuove pure, ma giornate cariche di ore di lezione, a metà agosto, mi sono sembrate un po' un'esagerazione. Dalla mattina all'alba fino a ora di cena (che per fortuna a quelle latitudini viene presto), tra corsi appassionanti (anche per via della passione messavi dagli insegnanti) e altri noiosissimi (a che serve rinunciare alla pennica post-pranzo se mi devi leggere pedissequamente le tue slides - che tra l'altro ho fotocopiato?) l'unica consolazione era la birra di fine giornata. Dovrei dire le birre di fine giornata perché in Belgio la birra è tanta e buona!
Come al solito i gruppi degli astanti si son ben delineati in due formazioni ben distinte. Questa volta il fattore discriminante è stato avere o non avere una bottiglia di acqua sul tavolo: perché bere acqua quando c'è tanta birra, economica e buona? Bella gente che si è incontrata, che reisisteva ai numerosi eventi sociali organizzati, con tanto di guida femminista della città di Bruges ("gli uomini non servono a niente visto che le donne possono fare il loro lavoro e anche meglio", hummm molto arguto sopratutto quando si vogliono riparare i torti del Medioevo belga!) regolarmente presa per il culo ("and the monk and nuns got hanky-panky", she said) sopratutto se prendeva di mira i piaceri della vita ("bisogna essere morigerati perché quello che conta è l'esistenza che viene dopo" grat grat).
Quindi eccomi in Svizzera (pioggia continua, freddo e nebbia) ad ammirare le verdi praterie (e ci credo! con tutta quest'acqua) e a cercare di ricordarmi un poco di tedesco. Una tragedia! (il tedesco intendo)
Per il resto, cerco di tenere i pezzi assieme, anche con lo scotch se necessario!

lunedì, agosto 06, 2007

Polizia nemica

Parlavo qualche tempo fa di una strana atmosfera repressiva che aleggiava su Barcellona. Recentemente è capitato un altro episodio ancora più inquietante e degno dei racconti sui regimi dittatoriale di fama ben più triste della ricca Catalogna.

Un paio di miei amici, J. e M., se ne stavano una bella sera nelle vicinanze della spiaggia di Barceloneta. Non facevano nulla di particolare: chiacchierare con qualche ragazza, prendere un aperitivo, due passi sulla spiaggia. Va detto che J. e M. non sono ragazzini: viaggiano sulla trentina abbondante, entrambi lavorano da anni. Questo per dire che non hanno l'aspetto del vagabondo e dell'attaccabrighe. Comunque, M. inizia ad avere una discussione con una guardia di sicurezza che lo accusava di rubare dei gelati da un frigo fuori da un chiosco. Ora, si può accusare la gente di parecchie cose, ma "rubare dei gelati" normalmente non è la prima cosa che viene da dire a un trentenne, anche se in vacanza. siccome M. parla male lo spagnolo, in suo soccorso viene J. che lo parla meglio (sono entrambi stranieri, però J. lavora a Barcellona da vari mesi).
Dalla discussione viene fuori che la zona è videosorvegliata e quindi, per smontare l'accusa di furto, M. propone di vedere il video. La guardia chiama altri colleghi -che si rivelano essere poliziotti in borghese, anzi mossos d'esquadra- che cercano di spingere i due malcapitati amici dentro una stanza del palazzo vicino, con la scusa di visualizzare il suddetto video.
Al momento in cui J. prende il cellulare per chiamare un amico e comunicargli quello che sta succedendo, viene aggredito dai mossos che lo pestano per strada, mentre M. cerca aiuti tra la folla radunata attorno. Naturalmente si sono messi a 2-3 contro uno, come è d'uso tra i vigliacchi. Questo episodio si termina per l'arrivo di una pattuglia di agenti (chiamati da uno spettatore) che conducono J. alla tristemente famosa commissaria di Les Corts.
Les Corts è salita alla ribalta dei quotidiani per la denuncia di una cittadina russa, Elena, vittima di sevizie e percosse una volta fermata dalla polizia. Il video delle sevizie è finito nelle mani dei magistrati e la faccenda è ora in giudizio (ho riportato alcuni fotogrammi di quest'episodio, apparsi su un sito collegato a El Pais qui sopra).

J. ha passato una notte in carcere, picchiato e torturato. In particolare gli hanno ripetutamente storto le giunture dei polsi e del braccio per non lasciare ematomi, ha raccontato. Quando R., un altro amico, si è presentato a Les Corts per avere notizie del suo amico, gli hanno risposto che non era lì e solo dietro la minaccia di rivolgersi al consolato, hanno ammesso la sua presenza in carcere.
Ora J. è stato rilasciato e accusato di aggressione e resistenza. Lui ha intenzione di portare denuncia verso i mossos che lo hanno picchiato, ma è stato minacciato e dissuaso dal farlo. M., che ha avuto un ruolo marginale nella faccenda, sembra si stia tirando indietro. In questi giorni ci dovrebbe essere il giudizio. L'intenzione è di denunciare gli autori dell'aggressione, ma anche i loro colleghi che hanno tentato di nascondere la sua presenza nel commissariato.
Questi sono fatti gravi che avvengono in ogni nazione (es: Napoli, 17 marzo 2001, manifestazione repressa con una carica della polizia e numerosi ragazzi percossi alla caserma Raniero), ma non ce lo si aspetta nella Spagna moderna, libera (?) dal franchismo. Il senso di insicurezza non se n'è andato...

martedì, luglio 24, 2007

Letture disorganizzate

Come in tutti i periodi movimentati o nei quali il lavoro assorbe il 100% del mio tempo (no, niente sconti) la prima distrazione che ne risente è la lettura.
Di solito leggo a letto, prima di dormire (Maria la siciliana si lamentava un tempo: "Legge, legge... ma che legge??") o nel bus, andando in facoltà.
Con la fine dell'anno accademico e l'estate, queste abitudini vengono sconvolte. A letto, quando mi ci metto, è per dormire finalmente del sonno dei giusti mentre il bel tempo mi permette di prendere la bici per andare in ufficio; lo preferisco di gran lunga a un autobus gelido per l'aria condizionata a palla. Tempo per leggere quindi, zero.

Negli ultimi giorni invece, alcune situazioni curiose mi hanno spinto a notare che i libri, se buttati via dalla porta, rientrano di prepotenza dalla finestra. Leggere è un piacere, una necessità. È trasferirsi in altri mondi, vivere nella testa di altri per un breve periodo (modalità che spesso mi ha spinto verso gli ortonimi, come fu scritto in altre situazioni).
Mi sono dunque ritrovato l'altra notte a non volere rientrare a casa. Era tardi, ma avevo un libro nella borsa e l'aria era troppo mite per mettersi in un letto. Quindi è stato alla luce dei lampioni che mi sono seduto in una panchina di quella che chiamo "la rambla di Roma" per finire un libro. Ho letto allore forse uno dei capitoli più densi e ispirati della storia della letteratura (ok, molti non condivideranno, ma non importa poi molto?). Momenti di pura magia, col sorriso stampato sulle labbra e sotto l'arancio cielo della città.

Ora, per via del DEA (tesina dovuta al secondo anno di dottorato e di cui non ho scritto ancora una riga) mi ritrovo a spulciare nelle biblioteche di Barcellona (cioè, non spulcio, faccio trasferire i libri qui alla stazione di Francia e poi spulcio). Mi ritrovo quindi a leggere un curiosamente scritto libro di logica, Reasoning about Uncertainty di Joseph Alpern, allungato sulla scrivania e ascoltando gli Stones. Non so voi, ma la situazione mi pare irreale. Tornare ai vecchi amori è sempre un'esperienza accattivante, qualunque sia la colonna sonora.
A breve fughe nel parco per altre letture...

giovedì, luglio 19, 2007

Ho ucciso Valgrind

Avevo preparato un post diverso, però questo che mi è capitato stanotte lo dovevo segnare da qualche parte, è troppo impressionante. Sicuro che non avete mai visto qualcosa di simile!


[...]
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==3588== More than 100000 total errors detected. I'm not reporting any more.
==3588== Final error counts will be inaccurate. Go fix your program!
==3588== Rerun with --error-limit=no to disable this cutoff. Note
==3588== that errors may occur in your program without prior warning from
==3588== Valgrind, because errors are no longer being displayed.
==3588==
--3588-- INTERNAL ERROR: Valgrind received a signal 11 (SIGSEGV) - exiting
--3588-- si_code=80; Faulting address: 0x0; sp: 0x62437DEC

valgrind: the 'impossible' happened:
Killed by fatal signal
==3588== at 0xB001A6B1: unlinkBlock (m_mallocfree.c:181)
==3588== by 0xB001B3B7: vgPlain_arena_malloc (m_mallocfree.c:1009)
==3588== by 0xB0032EDC: vgPlain_cli_malloc (replacemalloc_core.c:101)
==3588== by 0xB00021C7: vgMAC_calloc (mac_malloc_wrappers.c:192)
==3588== by 0xB0034611: vgPlain_scheduler (scheduler.c:995)
==3588== by 0xB0051173: run_a_thread_NORETURN (syswrap-linux.c:86)

sched status:
running_tid=1

Thread 1: status = VgTs_Runnable
==3588== at 0x40045EB: calloc (vg_replace_malloc.c:279)
==3588== by 0x806C55B: copy_source_to_dest (search.c:2449)
==3588== by 0x8068945: hash_plan_state (search.c:743)
==3588== by 0x8067C5D: do_enforced_hill_climbing (search.c:202)
==3588== by 0x8068FBC: do_k_plan_search (search.c:993)
==3588== by 0x80493F6: main (main.c:758)


Note: see also the FAQ.txt in the source distribution.
It contains workarounds to several common problems.

If that doesn't help, please report this bug to: www.valgrind.org

In the bug report, send all the above text, the valgrind
version, and what Linux distro you are using. Thanks.

lunedì, giugno 11, 2007

Serie A

il Napoli in serie A, visto da BarcellonaLa bandiera azzurra sventola sull'Eixample!!

giovedì, giugno 07, 2007

Scelte democratiche

Oggi ho assistito ad una scena strana, che mi ha lasciato stranito, come se avessi assisito a un déjà vu à-la-Matrix.
Un gruppo di okkupa (semplici ragazzini che si travestono da punkabbestia) stavano manifestando un qualche motivo dalle parti della mia facoltà. Ciò che strideva era la massiva presenza di forze dell'ordine. Quando dico massiccia intendo 18 camioncini, ampio dispiego di forze appiedate in uniforme antisommossa, strada bloccata dai vigili urbani, forze motomontate ed elicottero imperante nei cieli. I conti si fanno rapidamente sulla quantità di agenti sul terreno, data l'abbondanza dei mezzi. Il gruppo di okkupa festeggianti e sorridenti (erano del tipo che si mandava al macello durante il G8 a Genova, studentelli punkettari e semi-anarchici tra i 16 e i 21 anni) non contava più di 50 persone (esagerando!). I turisti allucinavano e anche io. Quanti diranno che erano presenti le forze dell'ordine? La situazione era ben oltre il limite del ridicolo.

Quindi mi sono chiesto perché tanta esagerazione? La volontà politica era più che evidente. Sarà stato a causa delle recenti elezioni: il neo-eletto sindaco non vuole mostrare segni di debolezza? Ma poi il contrasto è forse se si pensa al giorno delle elezioni stesse.
Una gran festa popolare, dove il segreto del voto era opzionale e non obbligatorio come da noi. Sembrava un paese felice e senza timori, godendosi la festa della democrazia. E allora, da dove nasce la paura che spinge a circondare pochi manifestanti con la metà delle forze disponibili in città?
Contrasto assurdo, proprio degno del mondo parallelo di Matrix. O è il mio mondo che corre su due binari di realtà differenti?

martedì, maggio 29, 2007

Bianco


Cassa da aprire Tho!

Il cielo in Norvegia, la pelle di Cleopatra, il Borotalco, la porcellana, i telefoni degli anni venti, una nuvola paffuta di passaggio, le tue unghie, una cassa di polistirolo, l'occhio che circonda l'iride, le palline di golf, che rimbalzano e si allontanano.
Bianco come il latte, come la schiuma, come il sorriso di un bambino.
Bianco, puro, candido per definizione, chiaro e riflettente.
Bianco sporco lo si lava. Bianco venato di nero, marmo di Carrara. Bianco come la torre nella quale ti nascondi.
Bianco avorio, bianco purezza, bianco assoluto, biancomangiare...

Bianco MacBook!


Uaaa..
 ...

giovedì, maggio 24, 2007

La fine dei Teletubbies

Questo titolo da Settimana Enigmistica riguarda piuttosto dinamiche più che note della vita comunitaria.
Credo che abbiamo passato, a casa, la fase di luna di miele iniziale e siamo entrati nell'età adulta o -se preferite- nella maturità del rapporto. Finiti i giochi di scoperta dell'altro, ormai andiamo avanti con quello che c'è di acquisito. Questo è paradossale perché, se continuano ad esserci cambiamenti, vuol dire che non si è finito di scoprire un'emerita ceppa!
Fatto sta che dopo the butt incident, l'equilibrio della casa -già reso instabile dall'arrivo di F.- ha ricevuto un'ulteriore scossa d'assestamento. Da bravo testimone-attore, mi godo l'evoluzione dei nostri rapporti come un abbonato RAI: in prima fila e col telecomando in mano.
Se da un lato tra me e S. la vicinanza manca nello ristabilirsi, con il resto dei coinquilini tutto sembra filar liscio. Già, in apparenza perché anche io sono cambiato e loro (se vogliamo ribaltare il punto di vista) mi vedono diverso rispetto a prima.
Sicuramente la mia reiterata assenza ha il suo peso, in bene o in male. Non so quanto essere presenti nelle fasi di transizione sia importante; ma è sempre delicato, per tutto ciò che può implicare. Quindi profilo basso e occhi aperti, che non si sa mai da che lato iniziano a piovere le botte!

venerdì, aprile 20, 2007

Le banderuole aliene

La mia meraviglia davanti al popolo spagnolo sarà sempre grande! Riescono a stupirmi sempre. Parlo della Spagna (Catalogna, pardon!) però dovrei riferirmi all'intero genere umano.
La capacità di dedicarsi con tanta enfasi ad argomenti gravi, si scioglie davanti alle futilità più... terra-terra. Il risultato è risibile. Risibile se comparate agli "argomenti gravi" di cui sopra, certo non risibile di per sé.
Torniamo sui piedi per terra e parliamo di quanto è successo.
In questi ultimi mesi ho vissuto praticamente in una bolla, tagliato dagli avvenimenti del mondo per dedicarmi alla mia ricerca. Uno dei pochi eventi del mondo che è riuscito a giungere fino a me è stato quello della mattanza in Virginia. Ovvio, se uno legge un minimo di giornali, fossero solo i titoli di testa fermato con il bus a un semaforo, viene informato di questi avvenimenti gravi. Colpiscono l'intera umanità e lasciano a tutti qualcosa su cui riflettere. La televisione si riempie di colpo di "esperti" ed "opinionisti". La violenza, l'America, il coreano assassino... Era l'argomento del giorno e ci chiedevamo tutti, e ne parlavamo con tutti, come ciò possa mai succedere? in che cosa influisce la cultura, la personalità, l'educazione? Come si può essere frustrati fino a questo punto e come è possibile che l'unica soluzione che venga in mente sia di scagliarsi sugli altri?

Sconvolto, la mattina del giorno dopo, bevendo un rapido caffé, mi metto davanti al telegionale per saperne di più e lì... meraviglia! L'argomento del giorno non era più quello. I titoli grandi dei giornali, le discussioni, i commenti degli "esperti opinionisti" erano tutti occupati dal gol di Messi.
L'intera popolazione (aiutata forse da acuti giornalisti) aveva spostato la propria attenzione ad altro. E quindi, invece di seguire le ultimissime della CNN, il giorno dopo, malgrado la mancanza di sonno, il lavoro e tutto, ci si è dedicati a guardare il video del gol, a confrontarlo con quello di Maradona nell'86, ad appassionarsi. Un gran gol, senz'altro un grandissimo gol, niente a che vedere con certi episodi minori che stridono all'udito e feriscono occhi e sicurezza in noi stessi. Era risibile, forse lo sapevamo tutti, ma non c'era paragone che reggeva: l'uno era molto più lirico ed eroico e faceva sognare molto più dell'altro. Sentirsi sicuri, forse era quello, o semplicemente l'uomo cede sempre davanti a una certa poesia.

giovedì, aprile 05, 2007

Omaggio a Francesco

In questi giorni di alienazione da deadline vicina, ho notato che mancavano molte cose.
Per vari motivi -essenzialmente appicccichi e partenze- gli amici sono poco disponibili e la famiglia è lontana (dalla definizione classica di "emigrante"). Quindi che fare? A chi o cosa pensare per non deprimermi troppo per via della lontananza? Come
distrarmi mentre correggo gli ultimi bug e faccio girare gli esperimenti?
L'idea m'è balenata in mente l'altro ieri: ho messo a ciclo continuo l'intera discografia di Francesco Guccini!
È stato come tornare a casa, sentirmi il me stesso dei tempi d'oro della facoltà. Una sensazione di familiarità che ha cacciato molte nuvole nere che si addensavano nel mio umore e su Barcellona (ok, continua a piovere sulla città, ma era un'allegoria la mia!).
Album dopo album, si attraversano stati d'animo diversi. La tenerezza per lo stile degli inizi, dove ascolti canzoni note, cantate diversamente. Il passaggio per i grandi classici che hanno accompagnato molti viaggi in macchina. Le risate con Opera Buffa. E poi gli album dei primi anni di università, dove i ricordi si mescolano alle canzoni e tu giù a rivivere quei giorni, a ripensare a te stesso pensante com'eri all'epoca (15 anni fa o giù di lì). Poi ho rivisto con tenerezza il mio primo sito web (dedicato al vate di Pavana). ahhh... quanti ricordi...
Chi ha mai detto che il buon Guccio è deprimente??





Sulla stessa lanciata, mi son messo ad ascoltare De André (si, lo so, ho avuto un'adolescenza difficile, rinchiuso nella mia cameretta a strimpellare Guccini e De André). Lì è tutto diverso perché Fabrizio De André era un genio.
(vi offro quest'altro clip, meraviglioso a mio parere... ed è anche una della mie canzoni preferite)


giovedì, marzo 15, 2007

Reinforcement learning emozionale

La coscienza dovrebbe essere lì per risolvere i nostri problemi di decisione. Per difenderci in un certo senso, visto che essa non è altro che la visione che abbiamo di noi stessi all'interno dell'ambiente circostante. Detta in modo semplicistico, una coscienza ben regolata è uno strumento d'analisi al fine di prendere le decisioni adeguate alla diverse contingenze che si propongono. Ovviamente vi sono molti meccanismi sottesi alla coscienza, però di solito la vediamo come la nostra ragione.
Alcuni modelli sono stati proposti in Intelligenza Artificiale per generare decisioni autonome e "ragionate". Tra i più ampiamente accettati vi è il Reinforcement Learning, dove il "motore decisionale" viene influenzato dalle osservazioni sull'ambiente in risposta alle azioni effettuate e da eventuali ricompense (che possono essere negative nel caso di punizioni) dovuti dal raggiungimento o meno di certi obiettivi.Reinforcement learning schemaIn questo modo, alcuni comportamenti vengono imparati e altri dimenticati perché non convenienti. Numerose prove sperimentali vengono a sostegno di questa teoria, mostrando come vengono apprese strategie ottimali al raggiungimento di una soluzione data.

Antonio Damasio propone una teoria neuroscientifica in base alla quale le emozioni sono viste come un comportamento difensivo dell'organismo che "appoggia il ragionamento, specie quando si tratta di questioni personali e sociali che implicano rischi e conflitti". Secondo Damasio, le emozioni aiutano il processo deliberativo, indirizzandolo verso una decisione piuttosto che verso un'altra, ma
non lo sostituiscono la ragione e non decidono per noi. In pratica, le emozioni fornirebbero dei "suggerimenti" alla ragione.

Reinforcement learning con Suggerimento EmozionaleQuesto è quanto sembra avvenire di solito e Damasio ci dice che bisogna fidarsi della parte irrazionale che è in noi, perché vuole il nostro bene; un po' come l'hidden brain di Bruce Wilcox, che sa prima che la coscienza si renda conto di sapere. Bisognerebbe dare quindi ascolto all'istinto, anche a costo di sacrificare la ragione? No, ripeto, l'emozione è un ausilio al sistema, non l'intero sistema.
E allora perché a volte ogni tipo di scelta ragionevole, ogni apprendimento costato anni di allenamento, ricompense (positive E negative), vengono semplicemente buttati nel cesso?
Le emozioni a volte (a volte??) ci fregano, come illustrato nello schema seguente.

Il motore decisionale-ragione viene semplicemente scavalcato in base a non so quali assurde reazioni chimiche, con il risultato di agire sull'ambiente esterno (il mondo reale) con azioni del tutto prive di senso. Si potrebbe pensare in un intervento importante dell'organismo per autodifendersi, se non fosse che tutti, persino l'ambiente esterno stesso composto da amici, conoscenti e persino animali di passaggio, ritengono che l'azione eletta non è altro che un'emerita cazzata (termine scientifico per designare l'inizio di una serie di ricompense negative ad ogni passo successivo).

Il mondo è complesso, direbbe un noto filosofo catanese, però va aggiunto che 'a cervella è 'na sfogli''e cepolla.

giovedì, febbraio 01, 2007

Decostruzioni e ricostruzioni


Sembra di vedere tutto come in un prisma rotto, un caleidoscopio impazzito dove non si distingue più il riflesso dall'immagine reale.
Quando una struttura è vecchia, la si restaura, ma a volte non basta. Bisogna tirare giù tutto, fino a mettere in luce le fondamenta, delle quali si erano perse dimensioni e tracce, per poi poter ricostrure su un terreno pianeggiante.
Costruire dal nulla è l'unica maniera per modellare forme armoniose.

«In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque.» (Genesi 1,1)

Come una expansion di Cesar, oppure la decostruzione di una ricetta classica: tirare fuori le linee pure dal caos, gli ingredienti dell'impasto per osservarli per la prima volta fuori dal contesto e finalmente riconoscerli come tali.
Vi è un nuovo personaggio in questa storia e va piazzato al centro della ragnatela di amicizie e affetti. Ma per farlo, bisogna conoscere intensità, modi e spinte dei legami; un po' come scoprire la disposizione dei mobili in una stanza buia, per potersi muovere in tutta serenità.

Una volta mi fu detto che sarei rinato, era molto tempo fa. Sarà questa la volta buona?

venerdì, gennaio 12, 2007

Se busca compañera de piso no pesada

From M. to me:

Hello Siry & Alex

I read your inserat. It sounds and looks very good. do you have skype? I would like to call you.

Something about me:
- female
- 28
- from Hamburg, Germany
- pharmaceutic and economic education
- student of psychology on the UAB
- make in BCN 70 interviews for an global research with expetriots ober the process of integrating..
- have experiences with living in a flat comunity
- I like music, dancing, cooking, arts, pets, guitar, cultur
- but at the moment my spanish is no muy bien. I´m still learning
- I will arrive on 23.1. 12h - 19.7.07

- i´m looking for an spanish-speaking flat community with open-minded, friendly people. Please tell me more about you and your comunity.

Please give me a signal, if you could imagine to invite me. :-)

or take a look on my blog(in german)

Best regards,

M.


From me to M.:


Hi M.,

thank you for your email, but we don't want neither horses, neither vegetarians in our flat communitiy. I am sorry.

Good luck!
A.