lunedì, ottobre 30, 2006

La scoperta dell'acqua calda

Stamattina è stata come un'illuminazione! Le difficoltà nel legare (in tutti i sensi) con la popolazione locale hanno una ragione e finalmente vi ho messo il dito sopra! (o almeno su parte di essa).

Stavo pensando di invitare a cena un paio di amici. Oddio, amici...
Stavo pensando di invitare a cena un paio di persone con le quali esco da più di un anno e con le quali -in teoria- dorei stare in confidenza. Poi ci ho ripensato: suonerebbe strano a loro e anche a me.
Il fatto non è che non siamo amici (andiamo d'accordo e ci fa piacere vederci -o almeno così pare), ma non stiamo in confidenza. Forse con Q. un poco, si, ma sicuramente non con V. Colpa mia che all'epoca non ci ho provato con determinata convinzione (tentare di sedurre una donna aiuta a rompere il ghiaccio... generalmente). Pensate che ho considerato una grande vittoria il fatto che lei si sia proposta di parlarmi catalano per farmi praticare! Ai nostri tempi o dalle nostre parti una grande vittoria sarebbe stata una cena a lume di candela o un invito a passare il weekend in campagna, con presentazione di tutta la famiglia che ti dice: "Ritorna quando vuoi, gli amici di nostra figlia sono sempre i benvenuti".
Che differenza!
Ecco, il punto è questo. Con tutta questa bella gente non abbiamo mai parlato di noi. Di noi stessi, intendo.
Sicuramente l'ho fatto io, nelle mie maniere contorte, ma anche scherzando oppure perché la mia vita è di dominio pubblico. Dall'altro lato, niente.
Non sto dicendo di "fare la cronaca" della propria vita, ma di discutere di sé ascoltando l'opinione dell'altro, mettersi sul tavolo insomma.

Dal momento dell'illuminazione non faccio altro che valutare i miei rapporti con le persone che ho conosciuto. Come mai sono amico dell'uno e non dell'altro? Cosa ci blocca?
Non so ancora dire se si tratta della causa o dell'effetto di un legame, il fatto di raccontarsi, ma sicuramente è parte integrante di un rapporto e dell'attrazione reciproca.

Con E.? Come mai ho un rapporto affettivo con lui visto che non parla? Vivendoci assieme non c'è bisogno di parlare... anche se a volte non guasterebbe. Siamo come parenti: viviamo assieme e leggiamo l'umore dell'altro tutti i giorni nei gesti e nelle parole.
Con A. siamo molto amici perché c'è un confronto quasi continuo, fatto di scherzi e altro. Un rapporto di amicizia normale.
Mi sento perfettamente a mio agio quando parlo con S. perché parla di sé. Caspita! Non è possibile che nell'aprirsi vi è la chiave di volta dei rapporti umani?!? Sembra essere la scoperta dell'acqua calda! Però è vero che con mia figlia non mi faccio più paranoie dal momento in cui i suoi racconti personali non si sono più limitati alla semplice cronaca.
Sento molto più vicina S. da quando l'ho vista sposarsi (lo ammetto, per anni non l'ho cacata nemmeno di striscio). [Che matrimonio ragazzi! Non pensavo di potermi emozionare, di poter essere triste e felice di vederla vestita di bianco, così bella. E poi tanta bella gente, la cerimonia molto curata, l'attenzione ai dettagli... Roma ora ha assunto un altro aspetto ai miei occhi.]
Sembra che i barbecue di gruppo hanno senso ora, che non siano solo un'abitudine goffa, di fantozziana memoria. Vero che si può offrire agli altri solo apparenza, lasciandosi scivolare addosso tutto quanto. Però i più non lo fanno ed è bene così.
L'affetto viene dal contemplare l'intimità dell'altro, le sue debolezze e sentirsene partecipe.
Una soluzione allora alle difficoltà di relazione potrebbe essere solo nell'abbassare lo shifgrethor e aspettarne le conseguenze.
Basicamente vi è indifferenzaPoi mi vengono in mente le parole di Barney Panovsky: "These meandering memoirs do have a point after all. Over the wating years I have levered free of many a tight spot leaning on a fulcrum of lies large, small, or medium-sized. Never tell the truth."

giovedì, ottobre 12, 2006

Oggi qui è giorno di festa: 12 ottobre, festa nazionale, Madonna del Pilar, e nel 1958 la festa fu dichiarata 'giorno della hispanidad', cioè della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.
Si festeggia contemporaneamente la Madonna e con essa la "scoperta" dell'America (Colombo era partito a bordo della Santa Maria) e la cacciata dei Saraceni lo stesso anno 1492 dal territorio iberico. Festa di una Spagna ritrovata e di un'unità etnico-culturale che forse non è mai esistita e tanto meno oggi.
Di tutti gli Spagnoli che ho conosciuto, credo nessuno si sia mai definito tale. Sono tutti Catalani o Galiziani o Baschi... La più nazionalista si dichiara Vallecana, ossia di un quartiere madrileno ben diverso -a suo dire- come cultura e appartenenza sociale al resto della capitale. Chissà se i tanto odiati Re Cattolici avevano essi stessi questo senso di appartenenza a una nazione spagnola?
Ma sto divagando...
Oggi, festa nazionale, sono a lavoro. Migliaia di cose da fare e un cervello da mantenere occupato. Questa settimana ho decisamente varcato la soglia! La mia passione per molteplici interessi e in particolare per il complicarsi la vita, ha fatto sì che in questi giorni ho persino mescolato casini lavorativi a caos sentimentale. Forse il rompermi una cartilagine della mano è stata l'azione meno furba del periodo, ma sicuramente anche quella meno complessa da gestire.

giovedì, ottobre 05, 2006

Affari di famiglia

Il gruppo di AI, qui alla Pompeu, è composto da personaggi più che da persone. Chi altri che emarginati sociali, ingrippati di console o studenti svogliati potrebbero unirsi per tentare di realizzare l'irrealizzabile?

In questo piccolo mondo vi sono ovviamente dinamiche politico-sociali, anche se molto rilassate. In effetti non ci sono stati -finora- reali motivi per lottare tra di noi e l'atmosfera è molto tranquilla e amichevole. Davvero una situazione ideale per lavorare, più con compagni che con colleghi?
Tutto tranquillo insomma... finora.

Da poco è arrivato dal Brasile F., nuovo studente di dottorato. Lo conoscevamo già in quanto era venuto a dare un seminario lo scorso anno. Seminario nel quale fu crocifisso vivo, questo sia detto fra parentesi. L'aggiunta di un nuovo elemento al gruppo rappresenta un problema di per sé, si tratta piuttosto di una buona notizia, un potenziale compagno di birre e uscite varie. In questo caso però si è scatenata una subdola la lotta.
La domanda che ci poniamo è la seguente: "Quale sarà l'ufficio di F.?"AI team
Non è una domanda innocente: i posti sono limitati, anzi limitatissimi. In verità di posto libero ce n'è uno solo... e nessuno lo vuole occupare.
Si tratta della scrivania di O., bravissimo ragazzo andorriano, matematico che lascia il gruppo per dedicarsi ad altre ricerche. Nella fattiscpecie, la scrivania di O. si trova nell'ufficio di fronte al mio: una stanza piccola con 2 occupanti. Il secondo inquilino è H.
H. è un teorico. Sicuramente una bravissima persona oltre che a un genio della logica, però veramente troppo fuori dalla realtà e dalle convenzioni sociali. No, non sono un bacchettone, non guardo dall'alto in basso chi fischia a tavola o chi ha tic compulsivi. I punkabbestia (qui graziosamente chiamati "perroflauta") mi fanno un baffo. Questo per dire che di gente strana ne ho vista... come tutti quanti voi, probabilmente. Difatti H. non è strano in quel senso. H. combatte le sue fobie non parlando.

Ipercontrollato. Si autodefinisce "l'uomo del mistero", facendo correre un fastidioso brivido lungo la schiena. Ha un senso dell'umorismo gelido quanto il suo sguardo. Quando cerca di essere amichevole, gli occhi del suo interlocutore cercano disperatamente un appiglio, vagando sfenatamente longo tutto l'arco visivo alla ricerca una parvenza di complicità. Nessuno invece incrocerà quello sguardo, temendo di venir trascinato in quella conversazione dove sudori freddi accompagnano ogni silenzio, ogni domanda la cui risposta potrebbe essere una trappola.

Barbecue aziendale dello scorso sabatoPer alleviare la tensione e "fare gruppo", ci siamo ritrovati tutti (o quasi: le assenze sono state evidenziate senza pietà) a un simpatico barbecue fuori porta.

Questo piacevole quadretto per dire che il capo, H.G. (forse il più personaggio tra tutti noi) ha qualche remore nel rischiare la salute mentale del nuovo arrivato, lasciandolo prendere posto nell'ufficio con H. Infatti, il capo sta cercano un volontario.
Tale richiesta si è palesata nella persona di H.P., nostro notevole compagno di ufficio (una volta una bambina all'aeroporto di Manchester lo ha indicato chiedendo: "What's that?"). Egli ha tentato subdolamente di convincere ciascuno di noi, prendendolo in disparte o avvalendosi della complicità di terzi. Il rischio per lui è grande, in quanto è il dottorando più anziano: il posto di O. gli spetta
di diritto (qualunque cosa ciò voglia dire).

Quindi da qualche giorno il dipartimento di Intelligenza Artificiale sembra un tavoliere di Cluedo. Sguardi ammiccanti o minacciosi. Domande interrotte a metà. Sedie che scompaiono e riappaiono nella "stanza difronte". Post-it in brasiliano. Seminari cancellati per assenza dello speaker. La tensione si è fatta insopportabile...
...speriamo che duri!