domenica, settembre 30, 2007

Diario americano (3ª parte)

Boston

Una cosa degli Stati Uniti è che la gente ti parla.
Me ne ero accorto nel taxi a Providence, dove il tassista ha iniziato a raccontarci di un fatto accaduto all'aeroporto la mattina stessa; solo Emil aveva reagito, conoscendo questa maniera di fare che, in questa città, è più evidente.
Notte, sbarco dal treno e con E. vado a Cambridge, ci separiamo e -mentre aspetto alla fermata del bus- il mio vicino di panchina mi racconta delle sue difficoltà nel raggiungere il suo quartiere con l'autobus 84, il quale si ostinava a non passare. Mah, non sono di qui e magari poco mi importa... mentre sono occupato a rimenere perplesso, si avvicina una tipa che chiede se l'84 è passato. La conversazione riprende con rinnovato vigore e interesse (anche da parte mia ormai).
Un giorno giravo lungo Comm. Ave., fermandomi di tanto in tanto per connettermi col computer. Tra una chattata devastante e un controllo di mail, vado avanti fino al quartiere di Fenway Park. Sotto un albero, uno strano tipo di nome Vadim, mi chiede se riesco ad entrare in internet per vedere i risultati della partita di calcio femminile Usa-Brasile. Poi iniziamo a parlare del suo viaggio dalla Polonia a Sorrento, sulle tracce della sua famiglia emigrata mezzo secolo prima. Ovviamente tutto si terminò sul lido di Ostia, in compagnia di una giovane e bella romana. Correvvano come il vento i ruggenti anni '60.
Abbiamo continuato su questo tono e ritmo per parecchio tempo, abordando il tema maschile universale: le donne e nella fattispecie prendendo spunto dall'emblematica stroria fra BB e Roger Vadim. Sembravano le confessioni di due play boy!
;-)
Dubbi sulla bandiera
Il quartiere italiano di Boston è una città nella città, dove le radici sono forti quanto esagerate fino al grottesco. Mi è capitato di vedere un macchinone grigio esportivo fermarsi in mezzo a un vicolo, il finestrino abbassarsi e una voce apostrofare una passante vestita di nero (come nelle nostre campagne negli anni '50). La discussione, animata da grida e risa, è andata avanti sui figli e i figli di amiche che erano da poco andati al college, alternando tra americano e una sorta di dialetto abruzzeze. Nel frattempo mi meravigliavo dei colori dei negozi e dell'aria deliziosamente retrò di certi dettagli. Era come sentirsi a casa: dopo tutte quelle strade allineate e bordate di costruzioni moderne, eccomi finalmente in un quartiere... con l'anima del quartiere.
Se passate di lì, vi raccomando di andare al mercato di Haymarket e di gustare i clams di Cape Cod appena aperti sulle bancarelle. I clams (i fasolari da noi) sono di una squisitezza oltre l'immaginazione, il sapore resta in bocca per ore colmandovi di freschezza e piacere godurioso (NdA: si, ho appena scoperto l'orgasmo multiplo, vabbé?!?).

In questa città dalle diverse anime, mi sono spostato da una periferia molto provinciale e al centro mastodontico dove imperano i grattacieli. De ritornare coi piedi su terra mi sono incamminato verso il North End. Una passeggiata nel cimitero di Copps' Hill mi hanno definitivamente convitnto che, a Boston, le leggende americane che si mescolano coi luoghi, le strade e i palazzi.

martedì, settembre 25, 2007

Diario americano (2ª parte)

Il giorno dopo eravamo in una birreria, divorando con il burger gigante, meravigliandoci davanti a quella schifezza che è la rootbeer e fantasticando sulla partita di baseball sul megaschermo. Cliché alla pala!
Seduti fuori, bevendo e parlando. Spunta una famiglia di colore da delle scale, la madre con i figli (la figlia piccola, coi fiocchetti nei capelli); la madre ci chiede soldi insistentemente per comprare una bottiglia d'acqua e per dormire.
Ora, dico io, di poveri ce ne sono ovunque, quello che qui ha colpito è che per giustificare la sua "richiesta di fondi", la donna esibiva un foglio dove (di)mostrava che alloggiava in un certo luogo e -sopratutto- parlava di usare la carta di credito («Compratemi una bottiglia con la carta di credito»). Situazione ben troppo assurda per noi europei; "richiesta di fondi" che poi ha preso una piega fin troppo umana. Non era solo qualcuno che chiedeva soldi, ma li chiedeva perché era in una situazione difficile («Nessuno di voi ha figli?»). Lo spirito di branco, assolutamente non nel senso aggressivo o negativo del termine, ha fatto sì che nessuno ha reagito a qualcosa che era veramente surreale (o almeno ci sembrava tale).
Ci siamo guardati, inebetiti e anche un po' vergognosi di poter/dover reagire. Alla fine la situazione si è sbloccata positivamente, dicimm'... anche se ammetto che temevo lo spettro della polizia che viene e butta in galera tutta la famiglia. Questo paese ha qualcosa di illogico, ma anche ha i suoi bei angoli bui.
E. e M. discutendo, poco dopo, nel cielo, lo zeppelinLa serata si è conclusa con col nostro piccolo gruppo barcellonese che aspettava una fantomatica navetta. Alla fine, in cielo tra i grattacieli, è apparso uno zeppelin. Coronamento di una nottata degna di un film metropolitano.

domenica, settembre 23, 2007

Diario americano (1ª parte)

Providence

Sbarco in America. Lamerica degli emigranti, proprio quella.
Da subito, sembra di essere in un film: i grattacieli, le casette di legno del New England, tutto perfetto, tutto come da copione.
Scendiamo dal bus, giardinetti, taxi (anzi, "cab") e poi l'albergo in riva all'autostrada. Cena, ribs con salsa barbecue o bisteccone Angus.
La conferenza prende inizio all'università Brown: un campus vittoriano con tocchi neoclassici (troneggiava una statua di Marc'Antonio a cavallo tra gli edifici gotici). Tutto perfetto, persino l'associazione studentesca a tre lettere greche con balcone sullo spiazzo interno dell'università.
Un giorno mi ritrovo persino in un club dall'allure inglese, per fumatori di sigaro, dove gli ospiti venivano introdotti da soci anziani. Mi sentivo perso, tra l'altro senza cellulare per comunicare, in una galleria di quadri, che era anche ristorante (con buoni dolci e insalate curiose più per gli accostamenti che per gli ingredienti).
La sera ci ritroviamo in un bar con, alla tv, indovinate un po'... la partita di football americano, quello sport per barbari assetati di sangue.
Sorriso quasi forzato della cameriera amabilità fino all'estremo e quasi ironica. Poi i "graffi sullo specchio": un ragazzo viene arrestato dalla polizia per una strana storia di età e di coltello. Ovviamente il ragazzo è negro. Si parlava d'altro con lui fuori dal locale quando è arrivata la polizia (armata, divisa da film), chiamata -pare- dal gestore del locale. Un attimo di freddo e poi gli hanno infilato le manette e portato via. Tutto qui, facile come in un film.

martedì, settembre 18, 2007

Il giorno fu pieno di lampi

E rieccoci a Barcellona, dopo una intensa estate.
Il mio viaggio iniziatico alla scoperta dei segreti del cuore è terminato con uno scottante nulla di fatto. Inutile avvicinarsi, inutile viaggiare, inutile impegnarsi. Direbbe Anna: "Alex, ma tu questo lo sapevi già". Lo sapevo già? Forse sì.
Sapevo della tendenza all'autopunizione, del timore di vivere, delle esitazioni infinite. A conti fatti, i sensi di colpa me li tirai via di dosso sui 24 anni. Troppo presto... già, troppo presto per tutto.
Sapevo anche del non-impegno, delle scottature, dello stesso mio timore a legarsi. Lo sapevo, ma mi ha colpito come un pugno in faccia perché per la prima volta ho sentito forzare un blocco.
Sempre la stessa storia: a un certo punto c'è qualcuno che vuole riprendere il controllo della macchina che sbanda. Sarò troppo taoista se dico: "Lasciatela sbandare perché è nella sua natura"?
Credevo di cambiare qualcosa, ma al solito il narcisismo mi acceca. A mia difesa potrei dire che stavolta forse ho tentato. Almeno qualcosa.

Bene, Barcellona dicevamo. Proprio ieri sentivo E. la russa e mi chiedeva com'era la città. Ci sono i guiris lungo la Rambla, il caldo sabbioso alla Barceloneta, continuano a pulire le strade ogni notte. Barcellona sembra non essere cambiata: solo è un po' più se stessa e noi un po' più barcellonesi. Ci sono i gelati italiani a Gracia e due nuovi acquisti poiché i fisici napoletani sono ovunque densi. Avrei dovuto risponderle che Barcellona è anche piena di buone intenzioni per l'anno nuovo, visto che ci stiamo facendo degli amici che sono un po' più amici, della nostra ricerca che ci è entrata nelle vene. Alla fine ci si fa forte delle esperienze, delle tempeste superate. Si, ora verranno le stelle, le tacite stelle.