martedì, febbraio 28, 2006

giovedì, febbraio 23, 2006

La rivincita degli zozzi

Ieri sera grande rivincita dei bar squallidi della città.
Dovete sapere che Barcellona è invasa dai guiris (tipo di straniero occidentale un po' coglione e molto preso da sé e dalla sua cultura o pseudo-cultura superiore). Guiris e radical chic frequentano tipici bar fighetti o finto-fighetti, che abbondano in città sfruttando l'onda intelletualoide.

Beh, ieri sera tutti questi posti dalle luci soffuse e la musica attentamente selezionata erano deserti.
Pieni invece erano i peggio bar di Barcellona. Quei posti dove ti sporchi solo a entrare, dove l'olio di frittura condensa alle pareti e dove una sputacchiera troneggia ancora vicino al muro del fondo.
La ragione di tutto questo affollamento?
La partita di pallone, ovviamente: Chelsea-Barça 1-2

mercoledì, febbraio 22, 2006

La Via del Go

Mi era stato suggerito di scrivere il seguito del post precedente, ossia "Perché si rimane amici"; però nuovi avvenimenti mi spingono a parlare di altro. Inoltre ho anche il forte dubbio che se continuo su questo tema rischio di alienarmi parecchie "amicizie".

Il Go, dicevamo, è tornato a irrompere nella mia vita sotto forma del XXIV torneo di Barcellona.

Mi sono ritrovato di nuovo tra forti giocatori, a giocare partite su partite, concentrato, allegro, curioso di tutto. Per descrivere un grande torneo, oltre che a parlare dei giocatori, si dovrebbe parlare di sensazioni, del proprio modo di essere se stesso.
Infatti, la via del go, il kido, riguarda la profonda conoscenza delle persone, inclusi se stessi.
Giocare a go vuol dire superarsi, analizzare e correggere poco a poco i propri difetti, guardare in profondità nell'avversario. Giocare a go vuol dire imparare, sopratutto, imparare da tutti (e quindi anche con una buona dose di umiltà).

Tutto questo, ahimé, non l'ho ritrovato ieri sera al club. E' stato come un brusco risveglio, ritrovarmi in mezzo a quei guitti, giocatori permalosi e pieni di sé.
Sentivo un secondo dan -tra i più simpatici per altro- spiegarmi che "al suo livello non conta in un torneo quanto si vince ma contro chi si vince", dirmi che ai tornei piccoli, di quelli organizzati in un sottoscala, serve a poco andarci perché si rischia di perdere punti in classifica oppure si gioca contro avversari deboli, vincendo senza sforzo.
Dove sono finite le partite con Antonino, sempre in lotta per superarci, ma sfottendoci ad ogni mossa??
Parlate con Franceschino che nei tornei nei sottoscala ci vive, pur essendo campione italiano! Franceschino è uno che si ricorda ancora una partita persa contro un 4k, quasi mossa per mossa, a un campionato italiano femminile di tanti anni fa. Un esempio tra i tanti che potrebbero venirmi in mente.

Che si impara da questa lezione? Che il Tao è grande, che l'alternanza è il motore dell'Universo... anche che a volte ci vuole una santissima pazienza!



Il Tao fa vivere,
la virtù alleva, fa crescere,
sviluppa, completa, matura,
nutre, ripara.
Lao Tse, LI

venerdì, febbraio 17, 2006

Rimaniamo amici!

Che vuoi scrivere in un giorno di dopo-sbornia?
Ascoltando Radiodue, una presentatrice ha detto: "Però scegliere di restare amici è un'altra cosa".

Una frase, un mondo!

Di chi si rimane amici? Di una ex, di una persona tradita, di qualcuno con cui non si è andato a fondo, con qualcuno con cui si è andato oltre. Si rimane amici dopo una separazione o prima di una separazione: "Però non ti voglio perdere come amico", non suona nuova, vero? ;-) Quasi una barzelletta!

"Potremmo essere amici...", suona già meglio.
Passare sopra il passato è un'altra idea soggiacente a questa frase. Passato che non sempre si vuole lasciare alle spalle.

Unforgettable Fire
Il passato fa male, il passato pesa: ma chi ha mai detto che essere leggeri è sempre un bene? Il masochista che è in noi a volte, ci costringe a non passare sopra le cose, a non rimanere amici e quindi a trovare altre vie e non accontentarsi di una pezza mal posta. Non tornare indietro è anche andare avanti, logico no?!

Comunque vorrei specificare che non ho litigato con nessuno in questi giorni. Meglio specificare in questi casi!

giovedì, febbraio 09, 2006

Consolato Italiano di Barcellona

Logo dell'Italia

La prima cosa che si nota, arrivando, è che... non si nota.
Mentre il dirimpettaio consolato Svedese inalbera un'allegra bandiera gialla e blu sul balcone più alto di un palazzo neoclassico, il consolato d'Italia (o almeno il palazzo del quale un appartamento a piano sopraelevato ospita il consolato) è totalmente avvolto da impalcature che lo nascondono alla vista. Il tricolore? Quella bandiera di cui andiamo fieri e che ci scalda il cuore? Manco a pagarlo! o si, ne ho visto uno piccino (di quelli che si mettono sugli stuzzichini nei bar fichi) dietro al portiere.

Poi la fila in strada. La fila è un'istituzione mondiale che noi italiani sappiamo impreziosire con figure stilistiche come, nel disordine: la finta rincoglionita che fa per passare davanti, la finta freddolosa che vuole entrare, quella che c'ha la figlia davanti, quello che cerca un amico, quello che c'ha contatti molto in alto ma che poi viene riaccompagnato fuori dalla portiera (la quale bestemmia in catalano), ...

Da prima dell'apertura del consolato, una fila sinuosa si estende sotto ai tralicci. Un immigrante terzomondista si è fermato a chiedere cosa facevamo lì, convinto che ci fosse una qualche distribuzione premi nel vedere tanti visi pallidi ad aspettare al freddo.
- "Consolato Italia", gli è stato risposto.
- "Aaahhhh..", ha fatto lui andandosene, compatendoci.

Le file non finiscono mai. La portiera fa entrare a scaglioni e si riprende ad aspettare fuori dalla porta del pianerottolo. Nel frattempo c'è chi protesta, che "lo so io come bisognerebbe fare!", chi si lamenta (a ragione), chi propone sistemi con doppia fila incrociata a seconda della pratica da sbrigare.

Una volta dentro -come in un videogioco- vi è un altro ostacolo da superare, un livello ancora superiore: il portiere in divisa da security. Il portiereindivisadasecurity non parla manco molto bene italiano, è sudamericano (cosa abbastanza comune a Barcellona) e ha il potere di vita e di morte su chi entra. Se ammessi, si ha diritto di fare la fila allo sportello e poi non so quale altra sala d'aspetto o inbrogli burocratici.

Siamo in tempi di campagna elettorale e le iscrizioni alle liste sono sotto stretta vigilanza. "Tutti questi ostacoli" - potrebbe pensare una mente italiana abituata ai brogli e alle magagne - "sono posti lì per impedirti di votare, per negarti i tuoi diritti, la tua cittadinanza". La legge per il voto all'estero non è una buffonata, è solo molto ben regolamentata.

Però di tutto questo non posso parlare perché non sono stato capace di superare il secondo livello,
pardon!,il portiere, benché ci abbia provato in due occasioni. All'A.I.R.E. ne iscrivono solo 10 al giorno... e le elezioni si avvicinano. Tornerò domani un'ora prima dell'apertura, con caffé, cornetto, libro e coperta di pled, per il terzo round.

martedì, febbraio 07, 2006

...e so' cazzi!
Quando c'è una crisi da affrontare, quando il mondo sembra sfuggirti da sotto ai piedi (solo per cascarti addosso poco dopo), mi sale una gran rabbia. Rabbia per essere stato così coglione, per essermi lasciato sorprendere dagli eventi, rabbia per essere stato cieco.

Anche questa volta, in cui il mio fragile mondo costruito su un'immagine sicura e decisa si è trovato faccia a faccia con la realtà, la prima reazione è stata la rabbia. La prima reazione dopo l'abbattimento, ovviamente; dopo la sorpresa.

Mi vengono in mente le parole del maestro: "Pazientemente, riprendiamo noi stessi e ci riportiamo sulla retta via". Pazientemente ci diciamo che siamo dei semplici coglioni e ritorniamo a essere noi stessi, solo con una ferita in più, con una visione del mondo ancora più relativizzata.

LA VIRTÙ DEL DISCERNIMENTO

Chi conosce gli altri è sapiente,
chi conosce sé stesso è illuminato.
Chi vince gli altri è potente,
chi vince sé stesso è forte.
Chi sa contentarsi è ricco,
chi strenuamente opera attua i suoi intenti.
A lungo dura chi non si diparte dal suo stato,
ha vita perenne quello che muore ma non perisce.

Tao Te Ching XXXIII