mercoledì, febbraio 06, 2008

Fame atavica


Ieri abbiamo avuto una riunione di tutti i borsisti del dipartimento riguardo al tema della docenza. La questione è importante perché l'80% della budget della nostra università (come della maggioranza delle università spagnole) proviene dalla didattica e dalle quote che gli studenti versano. Offrire una buona qualità alla docenza per avere molti iscritti è la forma di poter permettersi più dottorandi e più mezzi per la ricerca (nelle università dove si dá spazio alla ricerca, come nel mio caso).
Siamo stati due ore ad affrontare numerose e interminabili discussioni con il capo dipartimento e i responsabili dei corsi di laurea, su diritti e doveri dei TA (parola moderna per definire gli antichi assistenti). Non sono rappresentante degli studenti di PhD per nulla: ero in prima linea mentre le lancette dell'orologio indicavano le tre passate. Era prevista una colazione, a base di panini, tartine e stuzzichini vari, data l'ora. Ma la colazione non arrivava ed è stato necessario l'intervento di una delle segretarie del dipartimento (la capo-segretaria di fatto) per scusarsi del fatto che la ditta di catering ci avrebbe fornito il cibo con ritardo.
Conclusasi la discussione, è stato il turno di un senior researcher appena arrivato di farci un breve seminario sulle tre colonne dell'università: Ricerca, Docenza e Servizi. Mentre parlava e mostrava le diapositive che aveva preparato, abbiamo tutti assistito ad una scena felliniana. Si è aperta la porta della sala e sono entrati inservienti che hanno iniziato ad accumulare vassoi di tartine e fritture sul tavolo della cattedra. Bibite e thermos di tè e caffè.
Gli sguardi di tutti gli astanti erano fissi su quel bendiddio, mentre, noncurante, quell'altro parlava. Gli inservienti si sono eclissati silenziosamente com'erano venuti, lasciandoci ipnotizzati e con la bava alla bocca.
Il quadro era surreale, da film, e nessuno ha osato commentare. Il tipo parlava, brillantemente, ed era previsto un ulteriore confronto sui corsi di laurea. Il cibo era lì, acatastato sui tavoli e sembrava guardarci, esprimendo la sua voglia di venire divorato.
Poi sono arrivate le cavallette...

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